Cooperative – nuovi criteri di tassazione dei ristorni

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I commi 42 e 43 dell’articolo 1 della Legge di bilancio per il 2021 (Legge n. 178 del 30 dicembre 2020) introducono una disposizione di favore riferita alla tassazione dei ristorni imputati ad aumento del capitale sociale della cooperativa.

Per inquadrare la portata della nuova norma occorre ricordare che l’articolo 2521 del Codice Civile dispone che l’atto costitutivo della società cooperativa deve indicare “… le regole per la ripartizione degli utili ed i criteri per la ripartizione dei ristorni”, mentre l’articolo 2545-sexies stabilisce che “l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione di ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici. Le cooperative devono riportare separatamente in bilancio i dati relativi all’attività svolta con gli sci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche. L’assemblea può deliberare la distribuzione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.”.

Ebbene, il ristorno è da considerarsi la quantificazione del vantaggio mutualistico che si concretizza con la restituzione ai soci cooperatori di quella parte dell’avanzo di gestione originato dai rapporti mutualistici dell’ente con i soci, a prescindere dall’entità delle quote o delle azioni possedute.

Di fatto, si possono applicare i seguenti diversi criteri di attribuzione: dei ristorni

  • cooperative di consumo o di utenza – riduzione del costo d’acquisti di beni o di servizi richiesti e fruiti dai soci;
  • cooperative di produzione e lavoro – maggiore remunerazione delle ore di lavoro prestato (lavoro dipendente, collaborazione o lavoro autonomo);
  • cooperative di conferimento: maggior remunerazione della qualità o quantità dei beni o servizi conferiti.

La Cassazione, sezione I, sentenza 8 settembre 1999 n. 9513 ha affermato che il ristorno è “… uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore remunerazione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa …”, con la conseguenza che lo stesso può essere equiparato a “… una sorta di conguaglio, giacché permette alla società di restituire ai soci una parte del prezzo pagato per acquistare beni o servizio ceduti ovvero per incrementare i corrispettivi pagati ai soci che abbiano fornito beni o servizi alla cooperativa …”.

Limiti all’erogazione dei ristorni

Il ristorno può essere attribuito e, di conseguenza, distribuito solo se al termine dell’esercizio l’ente abbia rilevato contabilmente un “avanzo di gestione”, mai in presenza di perdite.

In presenza di cooperative di produzione e lavoro e in aggiunta ai limiti generali di distribuzione dei ristorni fissati per tutti i genus di cooperative, l’articolo 3, della legge 3 aprile 2001 n. 142 dispone che possono essere erogati ristorni ai soci ma “… in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a) …”.

Inoltre, il secondo comma dell’articolo 2545-sexies del Codice Civile dispone che “… le cooperative devono riportare separatamente i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche …”, con la conseguenza che il ristorno può essere attribuito, come detto, solo in presenza di un maggior valore realizzato dall’attività che i soci hanno svolto con la cooperativa e viceversa ma non può essere convertito in ristorno la parte dell’utile della cooperativa derivante dai rapporti con i terzi. Ciò rende necessario evidenziare nella “nota integrativa” al bilancio di esercizio, i dati riferibili alla attività mutualistica.

Peraltro, nella stessa relazione esplicativa del decreto legislativo che ha novellato il diritto societario è stato chiarito che “… per una corretta attuazione della politica del ristorno è stato previsto un minimo di distinzione contabile tra i dati relativi all'attività con i soci e dati afferenti alla attività con i terzi …”.

Attribuzione del risconto ai soci – vademecum

Per essere attribuito il ristorno deve essere previsto statutariamente e deve essere determinato sulla base dello stesso statuto sociale o sulla base dei contenuti di un regolamento specifico, approvato dall’assemblea dei soci. Prima di procedere all’attribuzione del ristorno, l’organo amministrativo deve procedere nelle seguenti fasi:

  1. individuare la percentuale di scambio mutualistico;
  2. individuare l’avanzo di gestione mutualistico;
  3. individuare la misura massima attribuibile ai soci;
  4. verificare la capienza del ristorno nell’utile di esercizio;
  5. individuare la misura del ristorno attribuibile a ciascun socio.
  6. prevedere la modalità mediante la quale il ristorno è attribuito al socio.

Attribuzione dei ristorni ai soci - modalità

Il terzo comma, dell’articolo 2545-sexies del Codice Civile dispone che il ristorno può essere assegnato ai soci in vari modi, di seguito evidenziati:

  • denaro;
  • aumento proporzionale delle quote societarie;
  • emissione di nuove azioni;
  • emissione di strumenti finanziari.

In questo contributo focalizziamo l’attenzione sull’aumento del capitale sociale a ragione della novità introdotta dalla Legge di bilancio 2021. Ebbene, laddove l’assemblea deliberi l’assegnazione dei ristorni mediante aumento proporzionale delle quote o emissioni di nuove azioni si può derogare alla disposizione contenuta nell’articolo 2525 del Codice Civile la quale prevede che nessun socio può detenere “… una quota superiore a centomila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma …”.

Trattamento tributario in capo al socio

Il trattamento tributario del socio dipende dalla natura dello scambio mutualistico cui il ristorno si riferisce. E dunque:

  • cooperative di consumo - i ristorni non sono assoggettabili a tassazione per assenza del presupposto impositivo, in quanto rappresentativi di un minor costo dei beni o servizi acquisti, fatto salvo il caso dell’attribuzione all’imprenditore o al lavoratore autonomo;
  • cooperative di produzione e lavoro - le somme attribuite ai soci lavoratori saranno assoggettate a tassazione in quanto costituenti reddito di lavoro dipendente o di lavoro autonomo;
  • cooperative di conferimento - i ristorni sono soggetti a tassazione in quanto costituenti una maggiore remunerazione degli stessi conferimenti;
  • Cofidi – i ristorni costituiscono per i soci delle cooperative di garanzia, redditi di capitale, vale a dire una maggior remunerazione dei finanziamenti concessi, ovvero se il socio è un soggetto imprenditore un maggior reddito d’impresa.

La tassazione dei ristorni

Come noto, il decreto-legge 15 aprile 2002 n. 63, al secondo comma, dell’articolo 6, prevede che le somme di cui:

  • all' articolo 3, comma 2, lett. b) della Legge n. 142 del 2001 (leggasi i ristorni attribuiti ai soci lavoratori nei limiti di una maggiorazione del 30%)
  • all'articolo 12 del DPR n. 601/1973 (le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati e destinate ad aumento del capitale sociale, non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta dei soci.

Tuttavia, se l’ammontare (totale e/o parziale) dei ristorni è restituito ai soci (ciò accade all’atto del recesso del socio dalla cooperativa), la somma è tassato per cassa, ai sensi del terzo comma, dell’articolo 7, della legge 31 gennaio 1992 n. 59 e configura una distribuzione di utili.

Ne consegue che se il socio è una persona fisica sarà tassato con la ritenuta a titolo d’imposta del 26%, se la quota detenuta dal socio è posseduta nell’ambito della sfera giuridica di socio-imprenditore, il ristorno concorrerà nella misura del 58,14% del reddito complessivo del socio, senza applicazione della ritenuta, mentre se il socio è un soggetto giuridico, come ad esempio, una cooperativa che fa parte di un consorzio, il ristorno sarà tassato sul 5%, senza applicazione della ritenuta d’acconto).

Resta il fatto che se si tratta di cooperativa di consumo ove il ristorno attribuito ai soci non è tassato non lo è neanche l’imputazione dello stesso a capitale e la sua successiva distribuzione (circolare 18 giugno 2002, n. 53 e risoluzione 5 giugno 2002 n. 172/E).

Le novità della legge di bilancio 2021

In questo quadro di riferimento si inseriscono i commi 42 e 43 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 le cui disposizioni vanno a integrare l’articolo 6, comma 2, del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63, prevedendo che “Per le somme attribuite ad aumento del capitale sociale nei confronti di soci persone fisiche, la cooperativa ha facoltà di applicare, previa deliberazione dell’assemblea, la ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’imposta all’atto della loro attribuzione a capitale sociale.”.

Tuttavia, tra i soci persone fisiche non sono compresi gli imprenditori individuali e i detentori di partecipazione qualificata (articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR) che quindi, restano esclusi dalla possibilità di vedersi applicare la disposizione.

La facoltà è esercitata con il versamento della ritenuta di cui al medesimo periodo, da effettuare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del trimestre solare in cui è stata adottata la deliberazione dell’assemblea.

In sostanza si tratta di una facoltà demandata all’assemblea che individua e attribuisce il riscontro che è quella deputata all’approvazione del bilancio d’esercizio;

  • deve essere necessariamente esercitata in quella sede pena l’impossibilità di fruire dell’agevolazione;
  • a fronte del risparmio d’imposta del 12,5% (26-12.5) si ha di contro l’immediato versamento da parte della cooperativa della ritenuta a titolo d’imposta; non v’è dubbio che il vantaggio è solo di pertinenza del socio, mentre la cooperativa ha lo svantaggio finanziario di dover versare subito la trattenuta.

In senso favorevole, inoltre, la nuova disposizione prevede che “La predetta ritenuta del 12,50% può essere applicata con i medesimi termini e modalità alle somme attribuite ad aumento del capitale sociale deliberate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, in luogo della tassazione prevista dalla previgente normativa.”.

Sul punto, ma saranno necessari chiarimenti ufficiali, sembra di comprendere che gli importi dei ristorni già imputati a capitale prima del 1° gennaio 2021, data di entrata in vigore della norma, sarà possibile applicare l’imposta secca del 12,5% solo all’atto della loro distribuzione ai soci non essendo prevista una sorta di periodo che imponga il versamento della nuova ritenuta entro una specifica data.

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