Crediti Iva inesistenti: indebita detrazione e infedele dichiarazione escludono l’indebita compensazione

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Come noto, il Fisco può disconoscere il diritto di detrazione Iva per varie ragioni: mancanza di inerenza, indetraibilità specifica, errata determinazione del pro rata, ma anche per fatturazione di operazioni inesistenti.
L'art. 6 co. 6 del DLgs. 471/97 stabilisce, in via generale, che chi computa illegittimamente in detrazione l'imposta assolta o addebitatagli in via di rivalsa è punito con la sanzione pari al 90% dell'imposta.
Tale violazione è integrata quando la detrazione è eseguita in sede di liquidazione periodica, e non in sede di dichiarazione annuale, ove, se la detrazione viene ulteriormente annotata, trova applicazione anche la sanzione da dichiarazione infedele ex art. 5 del DLgs. 471/97.
Con l'apprezzabile risoluzione n. 36/E/2018, l'Agenzia delle entrate ha escluso l’applicabilità delle previsioni sanzionatorie per indebita compensazione per l'ipotesi di credito IVA inesistente utilizzato in F24 laddove siano già state irrogate sanzioni per illegittima detrazione e/o dichiarazione infedele e che, quindi, il credito inesistente sia stato già fatto oggetto di recupero in sede di accertamento del tributo.
Al riguardo, appare utile rammentare che “credito inesistente”, ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97, è quello al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di tipo formale o automatizzato (ex artt. 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e all’art. 54-bis del DPR 633/72).
Alla luce di ciò, quando non è riscontrabile l’inesistenza del credito d’imposta da un controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni, per i crediti "inventati", illegittimamente utilizzati in compensazione in F24, è stato previsto uno specifico atto di recupero ex art. 1 comma 421 della L. 311/2004.

Diversamente, il credito pur non sussistente, ma emergente dalla dichiarazione ed utilizzato dal contribuente, impone l’emissione degli atti ordinari di accertamento fiscale entro i termini di decadenza che, attualmente, decorrono con il quinto anno successivo a quello di indebito utilizzo in compensazione (quarto anno successivo, per le annualità sino al 2015).
Per questa fattispecie, peraltro, si applicano le sanzioni per infedele dichiarazione, che assorbono quelle per omesso versamento dell’imposta ed anche quelle per la compensazione di crediti inesistenti.
In altri termini, l’Agenzia delle Entrate, nella citata risoluzione n. 36 dell'8 maggio afferma l’inapplicabilità della sanzione relativa all’utilizzo del credito inesistente in compensazione qualora sia già stata recuperata l’indebita detrazione IVA relativa ad un’operazione inesistente, rimanendo, ovviamente, sanzionata l’infedele dichiarazione.
A tali conclusioni le Entrate sono pervenute per evitare che una medesima violazione venisse, di fatto, punita due volte: ovvero dapprima con le sanzioni in ordine alla detrazione IVA per operazioni inesistenti che prevede il conseguente recupero del credito non spettante (art. 5 comma 4 del DLgs. 471/97 e art. 6 comma 6 dello stesso decreto) e, poi, anche con l’atto di recupero del credito successivamente utilizzato in compensazione (art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97).
In conclusione, stante il recupero del minor credito derivante dalla dichiarazione (e la conseguente sanzione per infedele dichiarazione), potranno sempre essere ritenute legittime le compensazioni eseguite con tale credito. Non avendo, infatti, più possibilità gli Uffici di contestare le medesime, i modelli F24 che esponessero crediti già recuperati e rifusi all'Erario saranno ritenuti validi ai fini della compensazione.

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