Credito d’imposta R&S – tana libera tutti!

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L’articolo 5 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, arriva come la manna dal cielo per coloro i quali in buona fede hanno portato a casa il credito d’imposta ricerca e sviluppo non avendone i presupposti ed essendosene resi conto tardivamente, quasi sempre in occasione di verifiche dell’amministrazione finanziaria.

Il problema è scoppiato dopo che l’Agenzia delle entrate ha pubblicato la Risoluzione n. 46 del 22 giugno 2018 fornendo (dopo alcuni anni di operatività del bonus) i chiarimenti in ordine ai contenuti dell’attività di ricerca e sviluppo eleggibile al credito d’imposta, segnatamente per quanto riguarda il bonus riferito alla realizzazione di software innovativi.

La possibilità, per tutti coloro i quali hanno contenziosi in corso con l’agenzia delle entrate, di riversare il bonus utilizzato in compensazione senza sanazioni e senza interessi è una rilevante opportunità.

Tutti se la sono presa con l’Agenzia delle entrate ma va detto che la (tardiva) presa di posizione è del MISE il quale solo con la circolare direttoriale n. 59990 del 9 febbraio 218 ha fornito gli elementi per individuare con una certa precisione le caratteristiche in cui si devono sostanziare i lavori di ricerca e sviluppo per aspirare al bonus. 

Da dove nasce il problema

L’agenzia delle entrate, prima di rispondere con la Risoluzione n. 46 del 22 giugno 2018 a una azienda che aveva realizzato degli investimenti in software e piattaforme informatiche ha chiesto il parere del MISE.

L’impresa, operante nel settore della organizzazione di fiere ed eventi aveva realizzato un software e una piattaforma volta a integrare la catena logistica di produzione della fiera, includendo tutti i processi relativi a visitatori, espositori e fornitori per razionalizzare ed efficientare la gestione, utilizzando tecnologie indubbiamente di avanguardia. Senonché il MISE ha chiarito che “L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013. Tali definizioni si basano sui criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati, concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development”.

Il manuale di Frascati – la doccia fredda

Il manuale individua una serie di elementi comuni ai fini dell’identificazione delle attività di R&S:

  • possono essere finalizzate al raggiungimento di obiettivi specifici o generali;
  • sono sempre orientate verso nuove scoperte, basate su concetti (e la loro interpretazione) o ipotesi originali;
  • il loro esito finale è molto incerto (o almeno la quantità di tempo e risorse necessarie per raggiungerlo);
  • sono sempre pianificate e preventivate (anche se realizzate da singoli individui);
  • sono finalizzate a produrre risultati che potrebbero essere liberamente trasferiti o scambiati in un mercato.

Affinché, dunque, un progetto sia riconducibile ad un’attività di ricerca e sviluppo, deve soddisfare 5 criteri fondamentali. Tale attività deve essere:

  1. Nuova
  2. Creativa
  3. Incerta
  4. Sistematica
  5. Trasferibile e/o riproducibile

Ebbene, il Mise ha fatto presente che quando si parla di R&S (o meglio del relativo credito d’imposta):

  • non è affatto scontato che tutte le attività di tipo innovativo che una impresa intraprende siano meritevoli del bonus;
  • vi rientrano esclusivamente quelle che, nell’ambito del più ampio processo d’innovazione, si caratterizzino per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e qualificazione sopra indicati e che devono intendersi valevoli anche in relazione al settore del software.

In particolare, per quanto riguarda il software, il credito d’imposta spetta solo se i lavori o progetti sono volti al superamento di ostacoli tecnici o scientifici non risolvibili con le conoscenze già disponibili (stato dell’arte nel settore). Quindi, sono escluse:

  • le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note;
  • le attività concernenti la personalizzazione di software esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione e all’implementazione degli stessi;
  • tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software

Restituzione senza sanzioni

Ben vengano, dunque, i commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, che introducono una norma salva imprese la quale prevede che coloro i quali al 22 ottobre 2021 (di entrata in vigore del decreto) hanno utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, possono effettuare il riversamento dell’importo del credito utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Occorre, comunque, aver realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento.

Sono escluse le ipotesi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta.

Per ora fermiamoci qui posto che sarà un provvedimento dell’Agenzia delle entrate da adottarsi entro il 31 maggio 2022, a individuare nel dettaglio le modalità di riversamento spontaneo delle somme.

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