Dimissioni del padre e obbligo di versamento del ticket di licenziamento

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Nel caso di dimissioni volontarie del lavoratore padre sorgono alcuni adempimenti, in capo al datore di lavoro ed al lavoratore, che variano a seconda del periodo in cui le stesse avvengono: durante il primo anno di vita del bambino oppure dal primo anno al terzo anno di vita del figlio.

Per comprendere questa procedura è necessario fare qualche passo indietro, e in particolare al D.L.gs n. 105/2022 che ha ampliato le tutele della genitorialità rinvenibili nel T.U. sulla maternità introducendo l’art 27-bis, nonché recependo e ampliando le tutele previste dalla L. n. 92/2012. In particolare, una delle principali novità riguarda il congedo per paternità il quale è divenuto ancora più ampio. A partire dal 13 agosto 2022 si riconoscono dieci giorni lavorativi di congedo per paternità obbligatori fruibili nel periodo compreso tra i due mesi antecedenti la data presunta del parto e i cinque mesi successivi all’evento, al quale si correla il divieto di licenziamento per tutto il periodo intercorrente dal primo giorno di congedo fino a quello del compimento di un anno di età del bambino.

Tale congedo non è frazionabile ad ore e può essere utilizzato anche in via non continuativa, da tutti i lavoratori subordinati pubblici e privati, che si trovano nelle condizioni previste dalla norma, a prescindere dalla tipologia contrattuale di cui sono titolari, anche se a termine o a tempo parziale. Sono invece esclusi i lavoratori con rapporto di collaborazione o tirocinio, ecc.

In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a venti giorni lavorativi. Esso può essere fruito anche in contemporanea con quello della madre lavoratrice e in caso di morte perinatale del figlio.

Il congedo è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità alternativo ai sensi dell'art. 28 del D.lgs n. 151/2001, il quale dispone al comma 1 che: “Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”.

Per godere del congedo obbligatorio, il diritto deve essere fatto valere attraverso una comunicazione scritta inviata al datore di lavoro, con un anticipo non inferiore ai cinque giorni (salvo diversa previsione del CCNL), in relazione all’evento nascita e sulla base della data presunta del parto, con l’indicazione del giorno o dei giorni nei quali intende usufruire del congedo.

Non essendo chiaro che cosa si intenda con il termine ‘’obbligatorio’’, si ritiene che esso vada interpretato nel senso che per il datore è impossibile negare il congedo a seguito della richiesta, fatte salve le cause di forza maggiore. Infatti i datori di lavoro sono obbligati a rispettare la disposizione che, in caso di inottemperanza, comporta l’irrogazione di cospicue sanzioni anche di natura penale.

Per quel che riguarda il trattamento economico l’art. 29 del D.L.gs n. 151/2001, afferma che l’indennità giornaliera è pari al 100% della retribuzione e che sono applicabili tutte le regole previste per il congedo di maternità.

Il congedo di paternità, rappresentato dal congedo di paternità obbligatorio di dieci giorni (art. 27-bis, del D.Lgs. n. 151/2001), operativo dal 13 agosto 2022 e dal congedo di paternità alternativo summenzionato (art. 28, del D.Lgs. n. 151/2001), ha effetti anche sulla normativa relativa al divieto di licenziamento.

Per la durata del congedo di paternità obbligatorio o alternativo e sino al compimento di un anno di età del bambino, il licenziamento intimato al lavoratore padre è nullo ai sensi del comma 7 dell’art. 54 del D.lgs n. 151/2001, come modificato dall’art. 2, comma 1, lettera r), del D.lgs n. 105/2022.

Tale divieto sussiste per la durata dello stesso (ossia a partire dal primo giorno di fruizione) e fino al compimento di un anno di età del bambino.

Ci sono, tuttavia, eccezioni al divieto di licenziamento che sono le stesse che riguardano la lavoratrice madre e che sono ben definite all’art. 54 del T.U.

In caso di dimissioni del padre, analogamente alla madre, va seguita la procedura rafforzata, ovvero le stesse vanno confermate dinanzi a un funzionario dell’ITL. In caso di dimissioni presentate durante il periodo protetto, il lavoratore non ha quindi l’obbligo di presentare le dimissioni on line (previste dall’art. 26, del D.Lgs. n. 151/2015) ma deve:

  • Comunicare al proprio datore di lavoro, la volontà di recedere dal rapporto di lavoro per iscritto;
  • Convalidare le dimissioni presso la sede dell’Ispettorato territoriale del Lavoro. La convalida, che riguarda anche i lavoratori che risolvono consensualmente il rapporto di lavoro, va effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle dimissioni al proprio datore di lavoro. Fino alla convalida l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro è sospesa.

La procedura di convalida deve essere effettuata anche dal lavoratore che ha adottato un minore ovvero lo ha preso in affidamento o, in caso di adozione internazionale.

Ai dell’art. 55 del D.Lgs n. 151/2001, durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, in caso di dimissioni volontarie presentate dal lavoratore che fruisce del congedo di paternità obbligatorio o di congedo di paternità alternativo, il lavoratore ha diritto alle indennità previste da disposizioni di Legge e contrattuali per il caso di licenziamento (indennità di preavviso e Naspi). La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso”.

Queste indennità spettano anche al lavoratore che ha fruito del congedo obbligatorio ex art. 27-bis come già chiarito dall’INL con la nota n. 9550 del 6 settembre 2022 ed ora confermato dalla circolare INPS n. 32 del 20 marzo 2023, emanata con parere conforme del Ministero del Lavoro.

Inoltre, l’Inps con il messaggio n. 1356 del 12 aprile 2023 ha fornito le istruzioni operative in riferimento alla compilazione dell’UNIEMENS in caso di cessazione durante il periodo protetto e del codice UNIEMENS da utilizzare per rilevare e versare correttamente il contributo di licenziamento.

L’Inps ribadisce che le dimissioni del lavoratore padre dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato – in caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio o di congedo di paternità alternativo – intervenute nel periodo di durata del congedo di paternità (obbligatorio o alternativo) e sino al compimento di un anno di età del bambino, determinano la sussistenza dell’obbligo contributivo di cui all’art. 2, commi da 31 a 35, della L. n. 92 del 28 giugno 2012 c.d. ticket di licenziamento. Ciò in ragione del fatto che le dimissioni del lavoratore padre, sulla base di quanto sopra esposto, costituiscono causali che darebbero diritto alla NASPI.

In particolare, l’obbligo contributivo in argomento, già previsto (analogamente alle dimissioni della lavoratrice intervenute durante il periodo tutelato di maternità) nelle ipotesi di dimissioni presentate dal lavoratore padre che fruisce del congedo di paternità alternativo ai sensi del citato art. 28 del D.lgs n. 151/2001, sussiste anche in caso di dimissioni rassegnate dal lavoratore padre in caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio ai sensi dell’art. 27-bis del medesimo decreto legislativo.

Ne deriva dunque che il datore di lavoro è tenuto al versamento del contributo di licenziamento per le interruzioni del rapporto di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell’arco temporale che decorre dai due mesi prima la data presunta del parto e sino al compimento di un anno di età del bambino. Tale obbligo contributivo sussiste a decorrere dal 13 agosto 2022 e per gli eventi di dimissioni verificatisi a decorrere dalla medesima data, ossia dalla data di entrata in vigore del D.Lgs n. 105/2022, che, modificando il D.Lgs n. 151/2001, consentono l’accesso all’indennità di disoccupazione NASPI anche al lavoratore padre dimissionario.

Va ricordato che il ticket di ingresso alla NASPI (commi da 31 a 35 della Legge n. 92/2012) va pagato entro il 16 del mese successivo alle dimissioni del lavoratore padre, a prescindere dalle circostanze che il dipendente cessato chieda o meno il trattamento e, entro i prossimi tre mesi, i datori di lavoro dovranno versare tutti gli arretrati per quei rapporti cessati (per dimissioni dei lavoratori) dal 13/08/2022 in avanti. Questa previsione normativa indubbiamente farà sorgere diverse criticità, poiché si rendono (inutilmente) onerose le dimissioni dei lavoratori che hanno fruito anche solo per un breve periodo del congedo obbligatorio, e che si dimettono per iniziare un nuovo rapporto di lavoro presso un’altra azienda vanificando così l’intento del legislatore di promuovere la tutela della genitorialità.

Si ricorda che per l’anno 2023, il contributo di licenziamento è pari a 603,10 euro (41% di 1.470,99 euro) per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni. L’importo massimo del contributo è pari a 1.809,30 euro, per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi.

Per le cessazioni di rapporto di lavoro intervenute precedentemente alla pubblicazione del messaggio dell’Inps n. 1356, l’Istituto dispone che i datori di lavoro devono intervenire con l’invio di flussi di regolarizzazione sull’ultimo mese di attività del lavoratore, entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di pubblicazione del presente messaggio, esponendo i nuovi codici: Tipo Cessazione “1S” e il codice “M400”.

Infine per concludere, in caso di dimissioni presentate dal primo e sino al terzo anno di vita del bambino, il lavoratore continua a non avere l’obbligo di presentare le dimissioni on line, per cui basterà comunicare le dimissioni al proprio datore di lavoro per iscritto e la convalida delle stesse presso l’Ispettorato del lavoro, con le medesime modalità previste per i genitori con figli di età inferiore all’anno. Tuttavia a differenza di questi ultimi, non sussiste più la tutela economica e il lavoratore ha l’obbligo del preavviso.

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