ERRONEA ECCEDENZA IVA NON UTILIZZATA: È SANZIONABILE?

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La Corte di Cassazione, con ordinanza del 29 marzo 2022, n. 10005, è tornata a pronunciarsi su una fattispecie in cui era stato riportato in dichiarazione il credito IVA afferente ad operazioni che non danno diritto alla detrazione IVA e ha concluso per l’applicabilità anche delle relative sanzioni in aggiunta al recupero.

Tuttavia, l’orientamento non è consolidato in quanto la Suprema Corte si è espressa, in passato, in senso contrario.

L’ORIENTAMENTO SFAVOREVOLE AL CONTRIBUENTE

La Corte ha ritenuto di dare continuità a un principio già affermato dalla Cassazione nel 2017, pronunciandosi nel senso che "qualora il contribuente abbia dichiarato una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, fermo il potere dell'amministrazione finanziaria di procederne al recupero anche ove essa non sia stata utilizzata da parte dello stesso contribuente, questi resta soggetto anche alle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 6, ... giacchè l'ipotesi di non utilizzo del credito indebitamente riportato in dichiarazione non è prevista come condizione di inapplicabilità delle sanzioni, né come causa di non punibilità, né come fatto idoneo a giustificare una riduzione delle sanzioni stesse per ravvedimento, ai sensi, rispettivamente, del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 6 e 13".

La sentenza ha, pertanto, ritenuto infondata la tesi della contribuente atteso che è con l'esposizione dell'eccedenza del credito nella dichiarazione annuale che si esercita il diritto di detrazione e poco importa se il credito non venga utilizzato in concreto e sia riportato, come ulteriore eccedenza, negli anni successivi.

In tal senso, anche la precedente pronuncia 11 maggio 2017, n. 11656, con cui la Suprema Corte aveva risposto confutando la deduzione che l'applicazione delle sanzioni nel caso in cui non vi era stato utilizzo dell'eccedenza di credito andasse a sanzionare le mere intenzioni della società contribuente.

Per la Cassazione, il non utilizzo di una eccedenza di credito non spettante, comunque riportata in dichiarazione, non è prevista né come condizione di inapplicabilità delle sanzioni in esame, né come causa di non punibilità e addirittura non è idoneo a giustificare una riduzione delle stesse per ravvedimento ex art. 13 del D.Lgs. citato.

L’ORIENTAMENTO FAVOREVOLE AL CONTRIBUENTE

Con l’Ordinanza n. 8588 del 26 marzo 2021, la Corte di Cassazione si era, invece, espressa in senso contrario.

Nel caso in esame la società non aveva utilizzato il credito esposto in misura superiore a quella spettante e l’Ufficio aveva sanzionato la sola esposizione di un’eccedenza in parte non dovuta a norma dell’articolo 5, comma 4, d. Igs. n. 471 del 1997 per il fatto di avere esposto una “eccedenza detraibile superiore a quella spettante”.

A fronte dell’atto impositivo la società aveva invocato l’applicazione dell’articolo 6, comma 5-bis, d.lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 10, comma 3, legge n. 212 del 2000, assumendo che, nel caso concreto, la violazione contestata si era tradotta in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta, non aveva arrecato pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non aveva inciso sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo.

La Corte di Cassazione in quell’occasione ha accolto la posizione della contribuente, affermando che “deve farsi applicazione del principio espresso da questa Corte, secondo cui - conformemente a quanto affermato dal medesimo Ufficio con Circolare 8/e del 17 aprile 2017 in tema di sanzioni applicabili in caso di dichiarazione infedele per il contribuente che si trovi a credito di imposta - la sanzione per infedele dichiarazione si riferisce a quella parte di credito non spettante effettivamente utilizzata dal contribuente, in assenza del cui utilizzo il contribuente non ha tratto alcun vantaggio dalla violazione, né ha arrecato alcun danno all'Erario (Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1801)”.

Per la Corte, inoltre, il riporto di una eccedenza di imposta in misura superiore a quella dovuta non è equiparabile all'indebito o fraudolento uso di tale credito, ove all'irregolarità formale della dichiarazione non segua il mancato versamento di imposte per effetto della compensazione, cui solo è riconducibile un concreto danno erariale, non potendo ipotizzarsi un tentativo di illecito fiscale qualora il contribuente tenga una condotta in buona fede e non ponga in essere atti diretti all'utilizzo del maggior credito erroneamente riportato nelle dichiarazioni successive (Cassazione 3 febbraio 2017, n. 2882; Cassazione 24 maggio 2019, n. 14178; Cassazione 30 giugno 2020, n. 13101).

Normativa

  • Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;
  • decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472.

Giurisprudenza

  • Cassazione, 29 marzo 2022, n. 10005,
  • Cassazione 26 marzo 2021, n. 8588;
  • Cassazione 11 maggio 2017, n. 11656;
  • Cassazione 3 febbraio 2017, n. 2882;
  • Cassazione 24 maggio 2019, n. 14178;
  • Cassazione 30 giugno 2020, n. 13101.
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