I professionisti sono prigionieri della loro forma mentis

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La pandemia, la rivoluzione digitale, l’iper concorrenza, l’assenza di talenti e di vocazioni sono percepite dal professionista come situazioni ostili e difficili che rendono la gestione dello studio estremamente problematica.

Non sono questi cambiamenti il primo nemico del professionista.

Il primo nemico del professionista è nel comportamento del suo cervello, che continua a pensare e a reagire come faceva dieci o vent’anni fa. Insiste nel proporre sempre le stesse soluzioni a problemi che invece, al di là dell’apparenza, sono spesso completamente nuovi e diversi.

Un esempio di un comportamento che una volta era utile, è quello del professionista che reagisce alle difficoltà del momento aumentando la quantità di lavoro. Ammazzarsi di lavoro durante tutti i weekend, le feste comandate, fare le nottate davanti al PC non è più sufficiente e soprattutto non paga più né in termini economici né in termini di salute mentale e fisica.

Che serva un cambiamento di mentalità ve lo sentite dire da ogni parte. Ora però vi elenchiamo per filo e per segno quali sono le vostre credenze più importanti che richiedono un rapido ripensamento.

Le credenze del/la professionista

1.     Crede di non aver tempo per cambiare
2.     Non accetta critiche, men che meno se costruttive: sono comunque affronti personali.
3.     Crede che siccome è bravo/a, i clienti verranno a cercarlo/a anche se non li considera o li maltratta. In altri termini, è affetto/a dalla sindrome del dr. House
4.     Critica i clienti che non lo/a consultano o lo fanno troppo tardi, ma a sua volta è troppo orgoglioso per farsi aiutare da qualcuno
5.     Gestisce lo studio quasi sempre nei ritagli di tempo e senza avere alcuna competenza in materia
6.     Crede che sia impossibile aggregarsi efficacemente con altri professionisti.
7.     Sottovaluta grandemente la minaccia rappresentata dalla digitalizzazione e quindi non si prepara
8.     Sopravvaluta gli adempimenti di legge che crede saranno per lui/lei fonte perenne di reddito.
9.     Nega l’importanza, anzi l’esistenza stessa del management. Gestire lo studio è una perdita di tempo. Però se la sua squadra del cuore perde, se la prende con l’allenatore.
10.  E’ disposto/a a fare qualunque altra cosa pur di non dover gestire le risorse umane.
11.  Non distingue gli investimenti dalle spese e quindi non investe, men che meno se gli investimenti sono immateriali
12.  E’ refrattario/a al minimo rischio imprenditoriale, mentre affronta con noncuranza rischi professionali di dimensioni gigantesche.
13.  Non delega perché non si fida e poi… fa prima a far da solo
14.  Critica i clienti che non lo vogliono pagare ma pretende che la sua formazione sia gratuita
15.  Crede che solo il duro lavoro crei risultati, anche se spesso non c’è nessuna relazione tra impegno e risultato.

Nelle prossime puntate approfondiremo ciascuno dei punti proposti con esempi e suggerimenti per evolvere. Se cercate le nuove competenze per fare il “salto di qualità” le troverete su www.intuituslab.it . Riproduzione riservata.

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