La giungla normativa delle proroghe e dei rinnovi dei contratti a termine in costanza di ammortizzatori sociali

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Nell’ultimo anno il mondo del lavoro (e non solo) è stato sommerso da novità normative, il più delle quali sicuramente conseguenti alla gestione della nota pandemia.

Tra le tante, anche trattate recentemente sul blog che al momento seguite, ha suscitato un maggior interesse l’attuale utilizzo degli ammortizzatori sociali per le aziende di tutti i settori intervenuto a seguito della diffusione della pandemia discussa.

Sono diversi i dubbi e le perplessità che hanno interessato aziende, consulenti ed operatori del settore nella gestione di questi ammortizzatori, per la principale ragione che la stragrande maggioranza di questi non avevano mai approcciato operativamente con gli ammortizzatori sociali prima del complicato anno “2020”.

In questa grande complessità, oltre agli ammortizzatori sociali già citati, si è dovuto gestire – non senza fatica – un oneroso e rigido sistema legislativo legato ai contratti di lavoro a termine che, sia nella sua ordinaria formulazione sia con le successive (ed ancora più rigide) modifiche del “Decreto Dignità” ha senz’altro comportato numerose difficoltà e limitazioni a tale tipologia contrattuale, quando questo è gestito contestualmente ad ammortizzatori sociali.

Per precisione e completezza espositiva si ricorda che la normativa nazionale, il Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81 all’art. 19 e seguenti, regola la complessa tipologia del lavoro a tempo determinato.

Tra le diverse indicazioni fornite per la gestione di tale tipologia contrattuale, l’art. 20, comma 1, elenca le casistiche nelle quali non è ammesso il contratto a termine (i divieti) e, nello specifico, al punto c, è dato certo il divieto di apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato “presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato”.

Sembra evidente che l’articolo sopra riportato avrebbe di certo paralizzato le imprese di tutti i settori, con conseguenti danni sul piano occupazionale, considerato che una grande quantità di queste (quantità mai vista prima), per fronteggiare le conseguenze pandemiche (o più banalmente i lockdown imposti) hanno dovuto accedere agli ammortizzatori sociali previsti a tutela della propria attività e dei propri collaboratori.

Proprio per far fronte a questa situazione estrema, in primis il Legislatore (D.L. 18/2020) ed in secundis l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (già preceduto dal Ministero del lavoro con nota prot. 4116 dell’11 Maggio u.s.) hanno previsto che, considerando l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ai datori di lavoro che hanno fatto accesso agli ammortizzatori sociali è data la possibilità, in deroga agli artt. 20 comma 1 lettera c, 21, comma 2 e 32 comma 1 lettera c, di effettuare, nel medesimo periodo, proroghe e rinnovi dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione (seppur in azienda vi siano beneficiari di ammortizzatori sociali con le medesime mansioni). E questo indipendentemente dal “tipo” di ammortizzatore sociale: infatti, sebbene la norma originaria (articolo 19 bis del D.L n. 18/2020) fosse allocata all’interno della norma originaria (Decreto Cura Italia), capostipite delle successive “proroghe” di cassa concesse dai provvedimenti normativi successivi, secondo l’Ispettorato Nazionale del lavoro tale provvedimento normativo è da considerarsi in vigore quale norma interpretativa delle disposizioni che disciplinano l’erogazione degli ammortizzatori sociali in fase emergenziale, artt. da 19 a 22 del D.L. n. 18/2020, richiamate (anche) dalle successive norme che ne hanno nel tempo prorogato la fruizione. (cfr. artt. da 68 a 70 del D.L. n. 34/2020 conv. da L. n. 77/2020; artt. 1 e 2 del D.L. n. 104/2020 conv. da L. n. 126/2020; art. 12 del D.L. n. 137/2020 conv. da L. 176/2020; art. 1, comma 300, L. n. 178/2020; art. 8 D.L. n. 41/2021).

Vien da sé, ma è comunque importante precisarlo, che la violazione di quanto disposto dal D. Lgs del 15 giugno 2015, n. 81 in materia non comporterà la trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato, come originariamente previsto.

Tra i datori di lavoro, però, si è registrata un’ulteriore perplessità per la gestione delle proroghe e dei rinnovi per coloro che beneficiano degli ammortizzatori sociali, derivante, nello specifico da quanto riportato (a mio avviso maldestramente) nella nota 762 del 12 maggio 2021 dell’INL, ove si precisa che la possibilità di proroga e di rinnovo nei contratti a termine viene concessa anche “(…) ai lavoratori che accedono ai trattamenti di integrazione salariale, laddove gli stessi siano in forza alla data del 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del DL).”

Occorre quindi che i lavoratori siano in forza necessariamente alla data del 23 marzo 2021? Oppure si applica a tutti questa “concessione normativa”?

L’intervento del Ministero del Lavoro (nota prot. 4659 del 26 maggio) e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota prot. 855 del 28 maggio) è volto a chiarire il dubbio (effettivamente) generato dal precedente provvedimento, confermando (invece) la possibilità di prorogare e rinnovare i rapporti di lavoro a termine secondo il regime derogatorio anche qualora i lavoratori interessati non fossero in forza alla data del 23 marzo 2021.

Tutto è bene ciò che finisce bene. Per ora.

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