L’evoluzione della normativa del Lavoro Agile

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Non sono passati tantissimi anni dall’introduzione della Legge n. 81 del 22 maggio la quale, dagli articoli 18 a 23, aveva disciplinato per la prima volta il ‘’Lavoro Agile’’ oggi più comunemente chiamato ‘’Smart Working’’.

Precisiamo, anche se alla luce degli ultimi eventi ormai lo sanno tutti, che il Lavoro Agile NON configura una fattispecie contrattuale, ma costituisce una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa ovvero una tipologia flessibile di esecuzione del lavoro, che consiste nell’assenza di una postazione fissa per la prestazione propria del dipendente che può essere compiuta, indistintamente, sia all’interno che all’esterno dei locali aziendali, con la finalità di favorire l’equilibrio tra sfera personale e lavorativa da un lato e  la diminuzione dei costi e con riflessi positivi sulla produttività dall’altro.

Nessuno avrebbe mai pensato che tale strumento, inizialmente (quantomeno formalmente) poco conosciuto e poco diffuso, complici un po’ la mancanza di fiducia nei confronti dei dipendenti e un po’ per lo sconforto derivante dalla burocrazia dei processi di trasmissione delle comunicazioni e l’adeguamento degli accordi individuali e delle policy, sarebbe diventato la realtà quotidiana di moltissime aziende ed imprese.

Si fa presente che mentre all’estero esisteva già da molti anni e veniva adoperato in vari ambiti imprenditoriali, in Italia c’era ancora un po’ di timore.

Un primo impulso a favore del ricorso al lavoro agile si è avuto con la Legge di Bilancio 2019, la quale ha modificato l’articolo 18 della del D. Lgs n. 81/2017, inserendo il comma 3-bis che ha previsto il diritto di precedenza per le richieste di Smart Working formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità e a quelle dei lavoratori con figli in condizioni di disabilità.

Il passo più grande verso flessibilità lavorativa si è avuto, però, a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Ricordiamo tutti l’inizio della pandemia, il panico della possibilità di contagio, le chiusure ed il blocco di molte attività imprenditoriali. Ecco che lo Smart Working è diventato velocemente la soluzione adottata da moltissime realtà italiane per cercare di arginare il dilagare del virus e portare avanti le proprie attività.

Grazie a un decreto approvato d’urgenza, per contrastare il diffondersi del virus, sono state introdotte alcune importanti novità in merito alla modalità di lavoro agile di cui alla Legge n. 81/2017: da un lato è stata semplificata la procedura per la stipula dell’accordo, dall’altro sono state introdotte alcune ipotesi che riconoscono una priorità o addirittura un vero e proprio diritto allo svolgimento della prestazione in modalità agile in capo al lavoratore.

Nella generalità dei casi, e quindi al di fuori delle regole “speciali” legate all’emergenza da Covid-19, ai sensi degli articoli 18 e 19 della Legge 22 maggio 2017, n. 81, il ricorso al lavoro agile avviene mediante accordo tra le parti (da una il datore di lavoro e dall’altra il dipendente). Tale accordo deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali.

Con l’inizio dello stato di Emergenza, e per tutta la sua durata, è stata introdotta la possibilità di adottare il lavoro agile anche senza il suddetto accordo preventivo con i dipendenti. Questo, oltre al lato amministrativo (nessun obbligo di redigere un contratto) ha portato al conseguente diritto del datore di lavoro di imporre lo smart working a qualsiasi lavoratore, naturalmente non compensato dal medesimo diritto di ciascun lavoratore di pretendere il lavoro agile, salvo alcuni casi residuali sotto meglio rappresentati.

Sul lato operativo, in particolare i datori del settore privato sono tenuti a comunicare al Ministero del Lavoro, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione in modalità agile, attraverso una procedura semplificata per il caricamento massivo delle comunicazioni di smart working emergenziale. Infatti il DPCM dell’8 marzo 2020 recitava all’articolo 2, comma 1, lettera r:  “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, puo’ essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.

Tale DPCM ha rappresentato il punto di partenza di quello che sarebbe stato, sotto la spinta della pandemia, il susseguirsi di leggi e decreti per regolamentare il lavoro agile.

Ricordiamo, a questo proposito, il Decreto Rilancio, che ha sancito che lo Smart Working è un diritto per chi ha figli sotto i 14 anni. Nello specifico i genitori lavoratori dipendenti del settore privato avevano la possibilità di lavorare da casa fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica anche in assenza di accordi individuali. Il diritto poteva essere esercitato purché nel nucleo familiare non vi fosse altro genitore che godesse di strumenti di sostegno al reddito a causa del Coronavirus oppure che non fosse non occupato.

Il testo specificava, inoltre, che restava in vigore l’obbligo informativo previsto dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e che tale modalità doveva essere compatibile con le caratteristiche della prestazione in lavoro agile. Era altresì deciso che poteva essere svolta anche attraverso strumenti informatici del dipendente qualora non fossero forniti dal datore di lavoro. Tale diritto, fino alla cessazione dello stato di emergenza, è stato esteso anche ai genitori con figli con disabilità grave, ai lavoratori immunodepressi, ai lavoratori dipendenti disabili gravi o che hanno nel proprio nucleo familiare un disabile grave oppure persone immunodepresse. Tutti questi soggetti avevano il diritto a vedersi riconoscere la possibilità di svolgere l’attività lavorativa, laddove compatibile e possibile, in modalità agile. Infine, il diritto a svolgere le prestazioni in modalità agile è stato esteso anche ai lavoratori maggiormente esposti al contagio e ai lavoratori fragili in possesso di idonea certificazione medica. Tutte ipotesi non esistenti nella disciplina ordinaria e che sono state introdotte in via del tutto eccezionale dai vari decreti emergenziali allo scopo di tutelare i lavoratori in difficoltà e contenere i contagi sui luoghi di lavoro.

Le iniziative successive del Governo hanno previsto una proroga nell’adozione dello Smart Working semplificato che ha visto posticipare la data di scadenza sia nel settore privato sia nella Pubblica Amministrazione al 31 marzo 2022, per poi slittare al 31 agosto 2022.

Ne deriva che si potrà usufruire del lavoro agile in azienda, anche senza un accordo individuale o collettivo, fino alla fine dell’estate. Le modalità di comunicazione del lavoro agile restano quelle già previste dalla procedura semplificata già in uso, per cui non è necessario allegare alcun accordo con il lavoratore.

In particolare, gli obblighi di informativa per la tutela della salute e della sicurezza di chi lavora in modalità agile possono essere gestiti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet INAIL. Inoltre, i datori di lavoro avranno l’obbligo di comunicare, in via telematica, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.

Il Governo, totalmente consapevole che l’accesso semplificato al lavoro agile fosse una misura temporanea, si sta preparando per tornare delle regole ordinarie, tenendo conto anche del “Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato” del 7 dicembre scorso, che il Ministero del lavoro ha sottoscritto con le parti sociali.

Ad ispirare il documento c’è la constatazione che “il lavoro agile, il cosiddetto Smart Working, è cresciuto molto durante la pandemia, ma al di là dell’emergenza sarà una modalità che caratterizzerà il lavoro in futuro”. Il Protocollo, quindi, fissa il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in Smart Working, individuando le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale, nel rispetto della disciplina normativa di cui alla Legge 22 maggio 2017, n. 81 e degli accordi collettivi in essere, tutto ciò affidando alla contrattazione collettiva quanto necessario all’attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi.

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