L’IVA E’ COME I TACCHI ALTI, BISOGNA SAPERLA PORTARE

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Il contraddittorio preventivo endoprocedimentale, nel caso di accertamento in ambito Iva, è necessario: la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 701 del 15/1/2019 lo ha riaffermato, ribadendo l'obbligatorietà dello stesso.
Ricostruendo l'articolato quadro della materia, gli Ermellini hanno ricordato come, ex art. 12 comma 7 della L. 212/2000, l’avviso di accertamento in caso di accessi sostanziali presso la sede contribuente non possa essere emesso prima di 60 giorni dalla consegna del PVC, salvo che sussistano requisiti di particolare e motivata urgenza.
Invece, in tutte le ipotesi diverse dagli accessi sostanziali per le quali opera il detto art. 12 della L. 212/2000, ovvero anche quando alcuna norma nazionale positiva ne impone esplicitamente l’obbligo, la necessità del contraddittorio cambia a seconda che si tratti di tributi armonizzati (come l'Iva, tanto quanto affermato dalla pronuncia della Cassazione SS.UU. n. 24823/2015) e non armonizzati.
Nel caso dell'Iva, quindi, l'assenza del preventivo confronto con il contribuente può determinare l’illegittimità dell’accertamento, in quanto il confronto anticipato necessario discende direttamente dal diritto comunitario, ma, sempre secondo la Suprema Corte, la nullità opera solo quando venga dimostrato che se il contraddittorio fosse stato instaurato il procedimento avrebbe potuto avere esito diverso (Sent. Kamino, Corte di Giustizia 3 luglio 2014 n. C-129/13 e C-130/13).
Anche in questo caso, peraltro, la Corte di Cassazione ricorda la necessità della c.d. prova di resistenza, in base alla quale la nullità dell'avviso di accertamento può trovare applicazione solo se sia dimostrato che l’esito del procedimento sarebbe stato diverso o avrebbe potuto avere esito diverso con quel contraddittorio instaurato. Ciò equivale a dire che il contribuente in questi casi deve dimostrare che il vizio della carenza del contraddittorio non sia meramente pretestuoso: in sostanza, quindi, è sempre il giudice a poter valutare se il principio del contraddittorio è rispettato o no, valutando questioni di fatto.
Bene: in questo caso i giudici hanno riconosciuto la violazione del contraddittorio! Ma all'occhio attento e malizioso non è sfuggito come la contribuente in questione fosse un'importante banca nazionale e, come ben sa chi si occupa di questa materia, in diversi altri casi (a dire il vero più davanti alle Corti del merito, anche perché non proprio tutti hanno le possibilità economiche per proporre i loro casi al vaglio della Corte di Cassazione) sia spesso ritenuto pretestuoso (e, quindi, condannabile) qualche povero contribuente di provincia, anche quando anch'egli portasse all'attenzione dei giudici qualche apprezzabile rimostranza in materia.
All'interno dell'ordinamento tributario, infatti, c'è Iva e Iva e,  sebbene tutti i tributi dovrebbero essere uguali dinnanzi alla legge a prescindere dal contribuente tenuto ad assolverli, alcuni sembrerebbero esserli di più esattamente come gli uomini di George Orwell.
E spesso, purtroppo, a nulla vale che un giovane difensore di periferia (come, ad esempio, in un caso recentemente avvenuto a Cremona) si affanni a spiegare ai giudici che ciò che distingue la necessità del contraddittorio preventivo (per accertare la sussistenza dell’eventuale vizio di legittimità) non è la fondatezza delle argomentazioni adducibili dal contribuente (anche perché in questo caso egli vincerebbe comunque la causa nel merito), ma la loro non banalità o dilatoria fittizietà. Questo, infatti, secondo alcuni giudici del merito sembrerebbe poter valere solo quando il contribuente accertato è di classe o di prestigio e, d'altro canto, come dargli torto: non vi è dubbio, infatti, che esistano contribuenti che indossano l'Iva con consapevolezza, con grande personalità e che sanno dosare con molta misura la loro eleganza che, come insegna Giorgio Armani, non è farsi notare ma farsi ricordare.
Altri contribuenti invece, non riescono certamente a richiamare nei giudici un medesimo stile raffinato e, ovviamente, in quanto portatori solo della loro umile sobrietà di una piccola professione artigianale e commerciale di paese, non potranno certamente pretendere di non vedersi derubricare la loro Iva a mediocre grigiore ed insignificanza.
Perché, ovviamente, c'è Iva e Iva e spesso allora, di fronte al giudice tributario (e non solo), a volte diventa anche un esercizio sterile farsi delle domande alle quali, ovviamente, ognuno potrà darsi le sue risposte.
D'altro canto, non è un caso se l'Iva è un tributo declinato al femminile, in quanto evidentemente, come i tacchi alti, per alcuni giudici bisogna saperli portare…

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