Locazione commerciale e indennità di avviamento. Cosa dice la Cassazione?

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Nelle locazioni di immobili ad uso commerciale è prevista una particolare disciplina, a favore del conduttore, che si applica nel caso in cui il proprietario-locatore non intenda procedere al rinnovo del contratto. L'occasione per parlare di questo argomento è una recente ordinanza della Cassazione, n. 4947 del 16 febbraio 2023, che interviene sul punto.
Partiamo però da quello che prevede la legge.
I riferimenti normativi si trovano nella legge n. 392 del 27 luglio 1978, c.d. legge sull'equo canone.
In particolare, l'art. 34 della legge 392/1978 stabilisce che, in caso di cessazione del rapporto di locazione non voluta dal conduttore, questi ha diritto ad un'indennità per la perdita dell'avviamento, se l'immobile era adibito all'esercizio di un'attività commerciale, indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto (o 21 mensilità in caso di attività alberghiera). Questa indennità spetta automaticamente alla cessione del contratto di locazione, senza che il conduttore debba provare che ci sia stato un effettivo danno economico (e inoltre, fino a quando il locatore non paga l’indennità, il conduttore può legittimamente rifiutarsi di consegnare l’immobile e continuare quindi ad esercitare la sua attività come se nulla fosse).
L'indennità, invece, non spetta quando la cessazione del contratto non incide sull'attività del conduttore (art. 35, l. 392/1978).

Si tratta, come evidente, di una misura finalizzata a garantire un ristoro al conduttore che inaspettatamente si trova nella condizione di dover trovare un altro locale commerciale ove poter esercitare la propria attività e quindi di dover reperire nuova clientela. Il riferimento è al concetto, già anticipato, di avviamento, che, al di là degli aspetti meramente contabili che qui non interessano, altro non è che la capacità di un'azienda a produrre utili.

L'art. 79 della stessa legge sancisce, poi, la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge.

Da quanto previsto dai due articoli appena richiamati, risulta dunque che è nulla la rinuncia da parte del conduttore all'indennità di avviamento (in quanto costituirebbe per il locatore proprio quell'"altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge").
Come anticipavamo, però, proprio su questo punto è intervenuta recentemente la Cassazione, chiarendo in un certo senso i termini della questione.

Nullità o validità della rinuncia all'avviamento commerciale?
Abbiamo detto della disciplina generale in tema di avviamento commerciale. La Suprema Corte, però, con l'ordinanza n. 4947 del 16 febbraio 2023 ha fornito una lettura che, impropriamente, potremmo definire "più possibilista" sull'argomento.
La Cassazione, in particolare, afferma che ha nullità prevista dalla legge sanziona la rinuncia espressa prima della conclusione del contratto, ossia quando il conduttore si trova in una posizione di debolezza rispetto al proprietario locatore.
Invece, nel diverso caso in cui tale rinuncia avviene successivamente, e quindi non vi è più tale situazione di debolezza, non è possibile invocare la nullità di tale pattuizione.
In altre parole, il conduttore non può rinunciare preventivamente all'indennità ma può invece disporne una volta che tale diritto è già sorto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, in particolare, tale rinuncia è stata formalizzata in una accordo transattivo tra le parti, in cui, in cambio della rinuncia, il locatore ha concesso al conduttore la proroga del contratto. Tale nuovo accordo (nb: e per chi si occupa di locazioni, è questo il punto fondamentale), dunque, oltre a risolvere il precedente contratto, non è disciplinato dalla normativa speciale prevista dalla legge 392/1978, e dunque si sottrae alla sanzione di nullità di cui si è detto.

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