Partiamo con un veloce ripasso.
Il D.Lgs. 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti, delle società, delle associazioni e delle persone giuridiche, per determinati reati che siano commessi (o anche solo tentati) da soggetti che abbiano agito nel loro interesse o a loro vantaggio. Sulla base del decreto, dunque, qualora un soggetto commetta un determinato reato nell’interesse o a vantaggio di una società, da tale reato discenderà non solo la responsabilità penale del soggetto che lo ha commesso, ma anche la responsabilità amministrativa della società, salvo che...
e qui entra in gioco il c.d. Modello 231 (o "Modello Organizzativo 231"), previsto dal decreto di cui sopra.
Tale Modello altro non è che un insieme di regole e procedure, un vero e proprio sistema di gestione di un'impresa che l'azienda stessa sviluppa per ridurre il rischio che soggetti apicali o sottoposti commettano reati a vantaggio o interesse della società.
L'effetto concreto ed effettivo derivante dalla predisposizione del modello 231 (nb: ricorrendo però anche tutte le condizioni previste dall'art. 17 d.lg. 8 giugno 2001 n. 231) è il fatto che in caso di illeciti realizzati da tali soggetti appunto nell'interesse e a vantaggio dell'impresa viene esclusa la responsabilità dell'ente.
L'applicabilità del modello 231 alle società unipersonali
Sulla questione relativa all'ambito di applicabilità del modello 231 è intervenuta una recentissima sentenza della Cassazione, n. 45100 del 6 dicembre 2021, che ha chiarito che anche la società unipersonale perciò può essere chiamata a rispondere sulla base della disciplina sulla responsabilità degli enti prevista dal D.Lgs. 231/2001.
È bene ricordare, innanzitutto, che il decreto in questione riguarda i soggetti non riconducibili alla persona fisica, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridico e dallo scopo lucrativo o meno perseguito.
La questione si pone, dunque, nella corretta qualificazione del soggetto - ente in tutti quei casi in cui sia discussa l'applicabilità o meno del decreto 231/2001.
Non è difficile capire che non si tratta di un problema squisitamente teorico o giuridico, solo considerando le conseguenze, anche di natura penale, derivanti da una soluzione piuttosto che da un'altra.
La Cassazione affronta, in particolare e nell'ottica di quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001, il tema della distinzione tra impresa individuale e società unipersonale.
Si tratta di due figure che, se per certi versi, possono sembrare sovrapponibili tra loro (specialmente in caso di società unipersonali dalla struttura estremamente semplificata e dalla ridotta consistenza patrimoniale), in realtà costituiscono istituti profondamente diversi.
Mentre la società unipersonale è un soggetto che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi, nell'impresa individuale il riferimento diretto è invece alla persona fisica.
Nel primo caso, come si è anticipato, la società individuale potrà essere chiamata a rispondere sulla base della disciplina sulla responsabilità degli enti, mentre l'impresa individuale risulta esclusa dall'ambito applicativo del D.Lgs. 231/2001.
Le conclusioni cui giunge la Cassazione, tuttavia, si ritiene non siano adattabili tout court alla generalità delle situazioni, spettando in ogni caso al giudice valutare la fattispecie concreta così come l'adeguatezza o meno del modello 231 eventualmente presente.
Da ultimo è bene evidenziare che la predisposizione del modello in questione (oltre che facoltativa) è operazione estremamente complessa, dovendo l'azienda prevedere possibili contesti delittuosi sempre più ampi e spesso dall'evidente incertezza applicativa (basti pensare, ad es., ai reati tributari, tipo di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele).
Per venire all'attualità di questo periodo, il vaccino serve (eccome!), ma un vaccino non può curare ogni malattia.