MORTO UN ENTE, A VOLTE IL GUAIO È DI CHI NE RIMANE “EREDE”

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Non basta chiudere un’associazione e cessarne gli identificativi fiscali, per risolvere tutte le eventuali pendenze ed i possibili strascichi con l’Amministrazione finanziaria.
L’estinzione di un’associazione non riconosciuta, infatti, impedisce certamente alle Entrate di agire direttamente con l’azione accertatrice nei confronti dell’ente e di notificare ad esso l’avviso di accertamento in quanto soggetto non più esistente, ma rimangono intatte le possibilità di azionare le pretese fiscali nei confronti di coloro (persone fisiche) che sono succeduti nella posizione che era già propria dell’ente.

Con la recente ordinanza n. 25452/2021, la Cassazione ha infatti confermato la legittimità del recupero a tassazione delle imposte (IRES, IRAP e IVA) nei confronti di un’ASD estinta mediante notifica di avviso di accertamento all’ultimo rappresentante legale e responsabile solidale ex art. 38 c.c.

Una volta estinta l’associazione non riconosciuta, la pretesa tributaria può quindi legittimamente essere fatta valere nei confronti di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione e, dunque, nei confronti, in particolare, dell’ultimo legale rappresentante, al quale l’atto, pur intestato all’associazione, deve essere notificato. Secondo i giudici, l’irrilevanza dell’intestazione dell’atto al soggetto cessato e la necessità che l’atto sia notificato agli “eredi” trova riscontro nell’art. 65 comma 4 del DPR 600/73 secondo il quale la notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso.

In definitiva, quindi, l’ultimo legale rappresentante diventa per il Fisco una sorte di erede dell’associazione sul quale agire per cercare di recuperare il debito erariale.
Su un tema contiguo, ancorché in tema societario, è stato invece affermato dalla Cassazione che i soci di una società di capitali estinta non rispondono delle sanzioni relative al debito fiscale della persona giuridica. Questo perché gli ex soci sono considerati alla stregua degli eredi di una persona fisica, per cui la legge prevede espressamente l’intrasmissibilità delle sanzioni, e la norma tributaria dispone solo la responsabilità esclusiva della persona giuridica per le sanzioni amministrative tributarie. Questo principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29112 depositata il 20 ottobre 2021.

E' l’art. 8 del D.Lgs. n. 472/1997 a prevedere il principio di intrasmissibilità della sanzione amministrativa tributaria agli eredi e la disposizione prevede testualmente che “l'obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”.
Inoltre, l’art. 7, D.L. n. 269/2003 - convertito nella legge n. 326/2003 - prevede la riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie.
In sostanza, si dispone che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica siano esclusivamente a carico della persona giuridica e con l’ordinanza n. 29112/2021 gli Ermellini, di fatto, affermano che l’estinzione della società conseguente alla cancellazione dal Registro delle imprese determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale le obbligazioni passive dell'ente non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci ed essi ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente e ciò a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

In conclusione, morto un ente, attenzione a rimanerne “erede”, perché molto spesso l’eredità che rimane non sempre è quella dello zio d’America.

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