Prestiti ai dipendenti – si complicano i calcoli del fringe benefit 

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Il decreto anticipi (DL n. /2023) modifica i criteri di tassazione in capo al lavoratore dipendente nel caso in cui il datore di lavoro gli eroghi un prestito in denaro. Le nuove regole decorrono (retroattivamente) dal periodo d’imposta 2023, dal momento che l’articolato normativo prevede che si applicano “a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Le modifiche vanno a incidere sull’articolo 51 del Tuir che contiene le regole di tassazione del reddito di lavoro dipendente.

E’ evidente che il datore di lavoro (impresa) continuerà a contabilizzare gli interessi attivi maturati sul prestito al dipendente nel proprio bilancio per competenza al 31 dicembre, nonostante (sembra) la tassazione in capo al dipendente potrebbe non avvenire in detto anno ma in quello successivo.

Il raffronto tra la vecchia e la nuova norma

La lettera b) del comma 4 dell’articolo 51 del Tuir prevedeva che “in caso di concessione di prestiti si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.

Per effetto della modifica il citato passaggio assume il seguente contenuto: "in caso di concessione di prestiti si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi".

Dunque, il punto di riferimento resta il tasso ufficiale di sconto ma non più quello vigente al termine dell’anno bensì quello vigente al termine di scadenza di ogni singola rata se il tasso è variabile.

Il tasso di riferimento è determinato a partire dal 1º gennaio 2004, decorso il termine di cinque anni dal 1º gennaio 1999, la Banca d'Italia non ha più determinato il "tasso ufficiale di riferimento". I tassi utilizzati come base per la determinazione del "tasso ufficiale di riferimento" sono disponibili sul sito web della BCE (o con una semplice ricerca generica su internet).

L’impatto della modifica

Si tratta di una oggettiva complicazione ai fini del calcolo del reddito - dato dalla eventuale differenza tra tasso di sconto e tasso applicato dal datore di lavoro - poiché se le rate dovessero essere mensili, il datore di lavoro è costretto a monitorare periodicamente l’andamento del tasso ufficiale per effettuare i relativi conteggi sull’ammontare degli interessi maturati di mese in mese. Chiaramente se la rata dovesse essere annuale, il problema non si pone.

Senonché, si presenta una oggettiva criticità prima assente:

  • la precedente disposizione faceva riferimento al tasso di sconto alla fine dell’anno, dunque quello vigente al 31 dicembre e, quindi si trattava di un dato oggettivo di semplice individuazione ai fini della imputazione al dipendente del reddito nella busta paga di dicembre;
  • l’attuale norma, invece, prevede l’utilizzo del tasso di sconto alla data di pagamento della rata nel caso in cui il tasso sia variabile. Ebbene, supponiamo che il prestito sia erogato nel mese di giugno 2023 e il rimborso in unica soluzione sia previsto nel mese di giugno dell’anno 2024. Solo in questo mese si saprà qual è il reddito da imputare al dipendente nonostante l’utilità si è avuta per lo stesso anche nel 2023. Senza contare effetti incoerenti nel caso in cui durante i precedenti 11 mesi il tasso di riferimento sia stato notevolmente diverso rispetto quello del mese in cui la rata è pagata dal dipendente. Sul punto occorreranno chiarimenti.

Resta il fatto, come già detto, che il datore di lavoro imprenditore comunque dovrà imputare alla fine dell’anno gli interessi attivi maturati a proprio favore sul prestito al dipendente.

Cosa non cambia

Il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 51 non cambia e continua a prevedere che “Tale disposizione non si applica per i prestiti stipulati anteriormente al 1 gennaio 1997, per quelli di durata inferiore ai dodici mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti in contratto di solidarietà o in cassa integrazione guadagni o a dipendenti vittime dell'usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.”.

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