Professionista deceduto- agli eredi non spetta il contributo a fondo perduto anche se la partita IVA è ancora aperta

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Agli eredi del professionista già deceduto alla data di presentazione dell’istanza, non spetta il contributo a fondo perduto COVID-19: non è sufficiente, infatti, che la partita IVA del professionista risulti ancora attiva al fine di fatturare alcune prestazioni professionali dallo stesso fornite in precedenza e non riscosse al momento del decesso.

La precisazione, fornita nella recente risposta ad interpello (n. 565 del 26 agosto 2021), pur risultando rilevante per il caso specifico (erogazione del contributo a fondo perduto), ha il pregio di riepilogare le posizioni assunte dall’Agenzia delle entrate in materia di chiusura della partita IVA del professionista prima di aver completato tutte le operazioni ancora pendenti ed evidenzia la necessità di verificare il contesto in cui le medesime interpretazioni sono fornite.

Cessazione dell’attività

Più volte l’Amministrazione finanziaria ha affrontato la questione relativa alla cessazione dell’attività di un professionista, con la conseguente chiusura della partita IVA prima di aver completato tutte le operazioni ancora pendenti relative alle prestazioni professionali poste in essere dal medesimo fino alla cessazione dell’attività o al decesso dello stesso.

Le soluzioni praticabili, alternative, sono le seguenti:

  • secondo la prassi consolidata, va mantenuta aperta la partita IVA fino all’avvenuto incasso di tutti i compensi professionali;
  • in alternativa, il professionista (o l’erede, in caso di decesso), può scegliere di fatturare tutti i compensi all’atto della cessazione dell’attività, comprendendo anche quelli non riscossi, anticipando il momento impositivo sia ai fini IVA sia ai fini IRPEF e procedere alla chiusura della partita IVA. Al riguardo, la Cassazione (sentenza 8059 del 21 aprile 2016) ha disposto che il compenso incassato per le prestazioni professionali è assoggettato ad IVA anche se l’incasso avviene dopo la cessazione dell’attività del professionista.

La possibilità di fatturare i compensi, chiudere gli adempimenti pendenti e anticipare il momento impositivo costituisce, quindi, un’alternativa alla disciplina generale secondo la quale fintanto che tutti gli adempimenti sospesi non sono stati conclusi non è possibile chiudere la partita IVA.

Sul tema, la prassi è consolidata:

  • la circolare n. 11/E/2007, par. 7.1, aveva precisato che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”.
  • La successiva risoluzione 232/E/2009, aveva chiarito che la cessazione dell’attività per il professionista non coincide con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti (ovviamente, quella ragionevolmente possibile), l’attività professionale non può ritenersi cessata.
  • La risoluzione n. 34/E/2019 ha esteso le predette interpretazioni anche agli eredi del professionista, con la conseguenza che in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista deceduto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella.
  • In linea con quanto sopra, anche la risposta all’istanza di consulenza giuridica n. 20 del 29/11/2019, la quale ha ribadito che la cessazione dell’attività professionale, con conseguente cessazione della partita IVA, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate.

La recente risposta ad interpello n. 565 potrebbe apparire in contraddizione con quanto esposto poiché, di fatto, viene negato agli eredi il diritto di accedere al contributo a fondo perduto spettante al professionista deceduto anteriormente al 23/3/2021, ma con partita IVA ancora aperta.

Il dubbio è sorto in considerazione del fatto che il contributo a fondo perduto non spetta ai soggetti la cui “attività risulta cessata” alla data di entrata in vigore del decreto n. 41/2021(cioè, alla data del 23/3/2021).

Ed è proprio la nozione di “attività cessata”, già in qualche modo definita dalla prassi sopra evidenziata, che deve essere “contestualizzata” alla luce della finalità per cui rileva.

Il fatto che la partita IVA sia tenuta aperta per poter riscuotere i compensi relativi a prestazioni professionali già fornite in precedenza non presuppone lo svolgimento di un’attività professionale, ma risponde alla finalità di regolare flussi economici di attività già svolte e concluse, per tutelare il gettito erariale. Per poter fruire del contributo a fondo perduto occorre, quale ulteriore requisito, che l’attività sia in corso alla data del 23 marzo 2021 e che, per appurare la cessazione dell’attività, si prescinda dalla volontà del soggetto di cessare la stessa.

Per tale motivo, secondo l’Agenzia, ai fini dell’erogazione del contributo a fondo perduto la cessazione dell’attività si verifica, in ogni caso, anche laddove anteriormente alla data del 23/3/2021 vi sia il decesso del professionista, risultando di fatto irrilevante che la partita IVA del medesimo risulti ancora attiva.

Prassi

  • Risposta ad interpello n. 565 del 26 agosto 2021
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