Quando l’impresa è titolare dello sfruttamento del diritto d’autore

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La disciplina normativa del diritto di autore è contenuta in alcuni articoli del codice civile (artt. 2575-2583) e nella legge speciale 22 aprile 1941, n. 633, più volte modificata e integrata (da ultimo in data 20.11.2021) rubricata "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio".

Titolarità economica e "morale" del diritto d'autore

Il diritto d’autore può distinguersi in due distinti diritti, entrambi giuridicamente riconosciuti:

1.     diritto "morale" - consiste nell'essere riconosciuti ideatori dell'opera. È il diritto inalienabile e irrinunciabile, di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera che possa recare pregiudizio all’onore e alla reputazione dell’autore

2.     diritto "patrimoniale" - concerne il potere di disporne commercialmente. Il diritto patrimoniale è trasmissibile ad altri soggetti e ha una durata limitata.

 

Classificazione delle opere dell’ingegno

DRE Toscana - "Diritto d’autore – Guida agli aspetti fiscali"

Opere originarie Legge n. 633/1941 - Art. 2
Opere collettive Si determina una comunione originaria laddove più soggetti partecipino all’attività creativa
Opere derivate che a loro volta si suddividono in:

  • opere collettive: raccolta di contributi creativi o coordinamento di più autori. Al riguardo, la Ris. n. 240943 del 5 gennaio 1984 ha riconosciuto il carattere di “opera collettiva” a un rapporto di fattibilità tecnica avente a base conoscenze di geofisica, chimica, ingegneria, geosismica, ecc. in quanto risultato di numerosi e complessi studi e ricerche svolti da più autori. In questo caso, secondo quanto disposto dall’art. 7 della legge 633/1941, autore dell’opera collettiva è da considerare la società che ha provveduto a indirizzare, coordinare e riunire in un’unica opera gli studi specifici compiuti da numerosi specialisti;
  • opere elaborate: (ri)elaborazioni di opere originali;
Opere create su commissione I diritti morali vanno all’autore.

I diritti patrimoniali spettano al committente.

Opere create dal dipendente I diritti morali vanno all’autore.

I diritti patrimoniali spettano al datore di lavoro.

Opere anonime o pseudonime Ove non è conosciuto l’autore. S’immagini il rinvenimento di un libro inedito in uno scavo.
Opere multimediali Sono creazioni che combinano in un unico prodotto opere di generi differenti (parole, immagini, suoni, ecc.) e sono normalmente fruibili attraverso mezzi di comunicazione diversi, la cui coesistenza è assicurata da un formato omogeneo – quello digitale – e da un programma.

Gli aspetti contabili

Se i costi per diritto d’autore sono sostenuti da un soggetto che svolge attività d’impresa vi sono specifiche problematiche circa la contabilizzazione dei costi medesimi.

OIC 24

IAS 38
I costi possono essere capitalizzati e iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale a titolo di diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno purché sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. titolarità di un diritto esclusivo di edizione, rappresentazione od esecuzione derivante da un diritto d’autore o da un contratto che attui la traslazione del diritto stesso;
  2. possibilità di determinazione attendibile del costo di acquisizione del diritto;
  3. recuperabilità negli esercizi successivi dei costi iscritti tramite benefici economici (ricavi diretti e indiretti) che si svilupperanno dallo sfruttamento del diritto stesso.
Affinché il costo (ovvero un aggregato di costi) sia elevato al rango di attività immateriale, deve:

  1. avere la potenzialità di produrre benefici economici futuri e, quindi, occorre che sia possibile controllare tali benefici in capo al soggetto che ne usufruisce – con ciò intendendo la possibilità di limitarne l’accesso da parte di terzi;
  2. deve anche distinguersi rispetto all’avviamento generato internamente, con ciò riferendosi alla possibilità di identificare con precisione i benefici economici specificamente prodotti dall’elemento in esame.

 

Opere cinematografiche e discografiche - particolarità

Per quanto attiene ai campi della cinematografia e della discografia, l’Assonime nella propria Circ. n. 30 del 5 aprile 2002 ha affermato che "relativamente al profilo dello sfruttamento economico (…) che questo si articola in diverse forme di utilizzazione dell’opera cui corrispondono "autonomi diritti" che vengono specificamente individuati dalla legge n. 633 del 1941: si tratta, principalmente, del diritto di:

  • riproduzione;
  • rappresentazione, in base al quale l’opera è rappresentata ad un pubblico presente;
  • diffusione, che si realizza, invece, attraverso mezzi di diffusione a distanza quali la radio, la televisione, le reti internet;
  • distribuzione, vale a dire di commercializzazione degli esemplari dell’opera, e di quello di noleggio;
  • traduzione".

L’art. 19 della citata legge stabilisce espressamente che l’esercizio di uno dei ricordati diritti non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli altri, attribuendo in tal modo agli stessi carattere esclusivo e di indipendenza reciproca. Analogamente, l’art. 119 della stessa legge, con riguardo ai singoli diritti di utilizzazione, riconosce autonomia e indipendenza alle "eventuali elaborazioni e trasformazioni di cui l’opera è suscettibile".

La delineata impostazione, che consente di affermare che a ciascuno dei diritti sopraelencati corrispondono distinti beni immateriali, è stata più volte ribadita dall’amministrazione finanziaria (Circolari n. 51/E del 2000 e n.90/E del 2001). E, precisamente, si è chiarito che "relativamente ai diversi diritti di utilizzazione dei beni immateriali, (…), il requisito della novità è riferibile a ciascuno dei possibili diritti di utilizzazione, purché esattamente individuabili e indipendenti dagli altri.". Nel caso di specie veniva prospettato il caso della traduzione di opera letteraria, evidenziandosi l’autonomia dei diritti (beni) che corrispondono alla traduzione dell’opera in una o altra lingua.

L’enunciato principio di autonomia assume notevole rilievo in ambiti quali quello delle opere cinematografiche che, come è noto, si prestano ad essere sfruttate economicamente in vari modi:

  • attraverso l’esercizio del diritto di "rappresentazione" nelle sale cinematografiche;
  • mediante "diffusione" con i mezzi televisivi, nel qual caso, peraltro, possono identificarsi due distinti diritti a seconda che la diffusione avvenga tramite pay-tv ovvero televisione libera;
  • mediante "riproduzione" e "distribuzione" del film (cd. home-video).

Tutte queste forme di utilizzazione, dunque, ancorché riguardanti la medesima opera, identificano altrettanti beni che possono assumere autonoma rilevanza ai fini fiscali.

L’ammortamento dei diritti acquisiti a pagamento

Laddove si sia proceduto alla capitalizzazione dei costi sostenuti per il diritto d’autore e, quindi, all’iscrizione nell’attivo dello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni immateriali, al termine di ogni esercizio è necessario procedere alla determinazione e all’imputazione al conto economico della quota di costo di competenza dell’anno (ammortamento).

 

OIC 24 IAS 38
La vita utile del diritto di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere determinata con riferimento alla sua durata economica, cioè alla sua residua possibilità di utilizzazione, e che, in considerazione dell’aleatorietà connessa allo sfruttamento dei diritti in questione, l’ammortamento deve essere effettuato in un periodo ragionevolmente breve. Non prevede criteri specifici per le singole attività immateriali, bensì stabilisce un dispositivo di carattere generale validamente applicabile a tutti gli elementi di costo ricompresi nelle attività immateriali, sulla base del quale "il valore da ammortizzare di un’attività immateriale con vita utile finita deve essere ripartito in base a un criterio sistematico lungo la sua vita utile". Vi è la presunzione relativa che la vita utile di un’attività immateriale non superi i 20 anni dalla data in cui l’attività è disponibile per l’uso.

 

Diritto d’autore e reddito d’impresa

Per i soggetti imprenditori in contabilità ordinaria, i ricavi derivanti dallo sfruttamento dell’opera dell’ingegno concorrono a formare il reddito per competenza a seconda delle circostanze quali:

  • cessioni di beni (s’immagini, ad esempio, le vendite di libri da parte di una casa editrice o di dischi da parte di una società di edizioni musicali):
  • prestazioni di servizi (s’immagini gli incassi della società distributrice di un film o le royalties derivanti dalla concessione in uso di un software gestionale).

L’opera dell’ingegno può essere stata "prodotta" internamente dall’impresa, capitalizzata quale onere pluriennale e direttamente utilizzata, come può essere ceduta a terzi ai fini del suo sfruttamento commerciale.

Per entrambe le ipotesi, il comma 1 dell’art. 103 del Tuir, prevede che "le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno (…) sono deducibili (N.d.a. annualmente) in misura non superiore al cinquanta per cento del costo".

Nella Ris. 13 febbraio 2003, n. 35/E, l’amministrazione finanziaria, partendo dalla considerazione che le licenze d’uso di diritti devono essere iscritte nella voce B.I.3) dell’attivo dello stato patrimoniale, ha affermato, con specifico riferimento alle opere cinematografiche, ma si ritiene che analogo principio valga per i diritti di brevetto industriale e per gli altri diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, che le regole di ammortamento di cui all’art. 103, comma 1, del Tuir valgono non soltanto per i diritti detenuti in proprietà (a titolo originario o derivativo), ma anche per quelli detenuti in forza di licenza d’uso, a tempo determinato o indeterminato.

In sostanza, per i diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche non è necessario un ammortamento lineare nel tempo dal momento che, come noto, lo sfruttamento delle stesse è decisamente maggiore nell’anno di uscita del film e tende a cadere drasticamente negli anni successivi. Fiscalmente, come prima visto, la deduzione può essere effettuata anche solo in due anni se tale è il criterio d’ammortamento adottato dall’impresa.

In sede di dichiarazione dei redditi, nel caso in cui l’ammortamento stanziato in bilancio risulti superiore a quello fiscalmente consentito in base alle regole sopra ricordate, sarà necessario operare una variazione in aumento del reddito per la quota parte di costo non deducibile (rigo RF21 del modello Redditi SC).

Diritto d’autore e diritti connessi - Il trattamento ai fini Iva

Ai sensi dell'art. 1 del D.P.R. n.  633/1972, "L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate". Per quanto riguarda, in particolare, il diritto d’autore, si deve tuttavia fare una distinzione:

Art. 3, comma 2, n.  2) - Costituiscono ...prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo:

2)  le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti.

Art. 3 comma 4 - Non sono considerate prestazioni di servizi:

a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere individuate dall'art. 2 della legge 22 aprile 1941, n. 633, ai numeri:

5)     disegni e opere dell'architettura;

6)     opere dell'arte cinematografica, muta o sonora;

alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale

Dunque, se una impresa ha acquisito dall’autore la possibilità di sfruttare economicamente un’opera e intende cedere a terzi tale diritto, deve assoggettare a Iva (22%) il corrispettivo della cessione non essendo autrice dell’opera.

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