Trasformazione agevolata in società semplice – il rebus dell’oggetto sociale

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Il comma 100 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023 ha riproposto, tra le altre, l’attesa disposizione che consente alle società commerciali di trasformarsi in società semplici in modo agevolato.

In particolare, le società commerciali (S.p.a, S.a.p.a, S.r.l, S.a.s, S.n.c.) nonché, per interpretazione dell’Agenzia delle entrate, le società di armamento e le società di fatto, con esclusione delle società cooperative, possono, entro il 30 settembre 2023 trasformarsi in società semplici.

La norma in sintesi

La disposizione prevede il versamento di una imposta sostitutiva dell’8% (10,5% se la società è risultata di comodo in almeno 2 degli anni 2020, 2021 e 2022) in due rate (60% entro il 30 settembre 2023 e il restante 40% entro il 30 novembre 2023, senza interessi) da calcolarsi sulla differenza tra valore venale (o se più conveniente, valore catastale) e costo fiscalmente riconosciuto degli immobili agevolabili, che sono solo quelli non utilizzati strumentalmente per l’attività aziendale. Per inciso, per le società immobiliari gli immobili concessi in locazione non sono strumentali bensì sono l’oggetto dell’attività, dunque sono agevolabili. Viceversa, i beni non agevolabili (tra i quali gli immobili strumentali per destinazione) scontano all’atto della trasformazione la tassazione ordinaria. L’iva si applica sui beni facenti parte del patrimonio all’atto della trasformazione con le modalità ordinarie che, sia detto s’in d’ora, non prevedono l’individuazione della base imponibile in base al valore di mercato, bensì sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, n. 5 del DPR n. 633/1972 che è richiamato dall’articolo 13, comma 2, lett. c) del medesimo decreto iva: vale a dire “il prezzo di acquisto o in mancanza il prezzo di costo  dei beni o dei beni simili, determinato nel momento in cui” si perfeziona la trasformazione.”.

Presupposto della trasformazione – l’adeguato oggetto sociale   

Il comma 100 dell’articolo 1 della Legge dopo aver tracciato per l’assegnazione agevolata dei beni ai soci i tratti salienti, nell’ultimo periodo prevede “Le medesime disposizioni si applicano alle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2023 si trasformano in società semplici.”

Dunque, la norma richiede che l’oggetto della società sia riferito in modo “esclusivo o principale la gestione dei predetti beni”, vale a dire:

  • beni immobili non utilizzati strumentalmente per l’attività d’impresa
  • beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati strumentalmente nell’attività propria dell’impresa.

La formulazione normativa si presta a criticità interpretative notevoli così sintetizzabili:

  • l’oggetto sociale nei termini ora indicati deve riferirsi a quello della società semplice frutto della trasformazione, oppure la società commerciale deve già rispettare il suddetto requisito statutario?
  • mentre l’oggetto “esclusivo” immobiliare non lascia spazio a dubbi, come si deve quantificare l’oggetto immobiliare nell’accezione di “principale”, posto che tale termine di per sé comporta che vi sia una ulteriore attività non principale che si affianca a quella immobiliare?

L’unica indicazione concreta sul punto è stata fornita dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 26 del 21/6/2016.

Agenzia entrate - Circolare n. 26 del 21/6/2016
“A tale riguardo, si fa presente che il secondo periodo del comma 4 dell'art. 73 del T.U.I.R., stabilisce che per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. Occorre evidenziare il caso in cui, accanto ad un'attività di gestione passiva che si manifesta con la mera percezione di canoni di locazione/affitto relativi ad una pluralità di immobili, si ponga in essere un'attività consistente nell'esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali alla utilizzazione unitaria del complesso immobiliare, con finalità diverse dal mero godimento dello stesso. Trattasi, ad esempio, del caso di una società che gestisce degli immobili che fanno parte di complessi immobiliari aventi destinazione unitaria quali villaggi turistici, centri sportivi, gallerie commerciali. La prestazione di tali servizi può risultare essenziale e determinante, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, tale da qualificare la società tra quelle non rientranti nel novero delle cd immobiliari di gestione a cui è applicabile la disciplina della trasformazione agevolata in esame.

E’ evidente che il chiarimento è comunque circoscritto alla società che utilizza (sia strumentalmente sia non strumentalmente) immobili, e non si prende in esame l’ipotesi in cu la società svolga anche una ulteriore attività (ad esempio di gestione di partecipazioni) completamente avulsa dal comparto immobiliare.

Sempre nel medesimo angusto ambito applicativo, la citata circolare n. 23/216 richiama (“a tal fine”) i criteri enunciati nel capitolo 4 della circolare n. 7/E del 29 marzo 2013, documento interpretativo che affronta le problematiche della PEX – participition exemption di cui all’articolo 87 del Tuir, fornendo qualche dettagli sull’uso commerciale e non commerciale di fabbricati.

Tornando alle criticità, va da sé che l’eventuale attività non principale deve essere coerente con la natura di società semplice e, dunque, non deve sfociare in una attività commerciale.

Ciò detto non si ravvisano criticità se l’attività secondaria sia riferita all’impiego di liquidità in investimenti finanziari la cui gestione è affidata ad un intermediario finanziario che generano redditi di capitale. Potrebbe, invece, essere messa in crisi tale ipotesi laddove gli investimenti fossero gestiti dagli amministratori con frequenti acquisti/vendite o switch, poiché si potrebbe eccepire l’esercizio di una attività d’impresa con apporto di risorse e organizzazione che non è consentita dalla specifica forma societaria.

Allo stesso modo, un’attività secondaria costituita dalla gestione statica di partecipazioni societarie non potrebbe essere eccepita come vietata, essendo pacifico che la società semplice possa svolgere tale attività laddove, si ripete, sia rivolta alla sola detenzione delle azioni e quote con esercizio dei diritti di socio (riscossione dei dividendi, partecipazione alle assemblee) e senza sconfinare in atti, anche indiretti, di gestione delle partecipate e indirizzo strategico delle attività del gruppo.

Se sin qui la questione è pacifica, più problematico comprendere quanto in presenza, ad esempio di attività immobiliare e attività di gestione di partecipazioni, la prima sia principale e la seconda secondaria.

Potrebbe essere di aiuto la definizione fornita dall’articolo 4, comma 4, D.Lgs. n. 147/2015, seppure circoscritta alla possibilità di dedurre gli interessi passivi relativi a mutui ipotecari (o leasing) su immobili patrimonio destinati alla locazione (senza sottostare alle regole di cui all’articolo 96 TUIR) che viene riservata esclusivamente alle società immobiliari nelle quali, sia a livello patrimoniale sia economico, la parte prevalente dell’attività è costituita proprio dalla locazione degli immobili.

Il secondo periodo del comma 36 è stato abrogato dal D.lgs. ATAD quando è stato riscritto l'articolo 96 del Tuir sulla deducibilità degli interessi passivi, tuttavia, l'articolo 1, comma 7 della legge di bilancio 145 del 2018 ha abrogato l'abrogazione per cui la definizione è ancora valida.

In altri termini, il suddetto intervento legislativo ha circoscritto l’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione in parola alle sole immobiliari di gestione “passiva” (che costituiscono proprio gli immobili che fruiscono dell’agevolazione) vale a dire quelle società:

  • il cui attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione;
  • i cui ricavi sono rappresentati per almeno 2/3 da canoni di locazione.

Dunque, una immobiliare mista che gestisca anche partecipazioni ricorrendo a questa definizione di società immobiliare dovrà mettere a raffronto il valore di mercato degli immobili (a questo punto, non potranno che essere tutti necessariamente concessi in locazione) con il valore di mercato delle partecipazioni. Il che richiede una duplica valutazione, da farsi con riferimento al momento di perfezionamento della trasformazione, ricorrendo a professionalità diverse: per la valutazione immobiliare l’esperto un ingegnere, architetto, geometra, perito agrario, per la valutazione della partecipazione presumibilmente un commercialista, un revisore legale o, comunque, un soggetto in grado di effettuare valutazioni d’azienda.  Resta il fatto che la norma non sembra pretendere una valutazione giurata da parte di un professionista dotato di specifici requisiti formali (iscrizione albi, etc.) talché almeno per la valutazione immobiliare sembra ragionevole potersi fare riferimento, ad esempio, all’osservatorio OMI o alla valutazione di una agenzia immobiliare.

Se il valore degli immobili a valori correnti dovesse essere superiore al valore corrente delle partecipazioni, il primo requisito richiesto dal D.lgs. n. 148/2015 per concretare la nozione di società immobiliare dovrebbe essere rispettato.

In verità un ultimo dubbio potrebbe sorgere sempre in merito alla locuzione “attività principale” laddove la società semplice avesse un patrimonio composto da immobili (40%), partecipazioni (30%) e risorse liquide investite (30%). Sembra potersi affermare che, nell’ipotesi descritta l’attività principale, almeno in termini di patrimonio investito, sia quella immobiliare.  Va detto che suo punto non sono state individuate pronunce di prassi.

Senonché, il requisito patrimoniale non è sufficiente per connotare l’attività immobiliare come principale poichè è necessario anche che i ricavi devono essere rappresentati per almeno 2/3 da canoni di locazione degli immobili. Ebbene, tornando alla immobiliare mista con gestione di partecipazioni, tale requisito in linea di principio non può che essere rispettato, se non altro perché dalla gestione statica di partecipazioni non possono derivare ricavi. Senonché non si può esclude che l’Agenzia possa sul punto rifarsi all’interpretazione fornita in materia di società di comodo laddove ha chiarito con riferimento all’asset “partecipazioni” che ai fini dei ricavi medi del triennio rilevano anche i dividendi percepiti e le plusvalenze derivanti dalla vendita delle partecipazioni medesime.

E’ bene ribadire che si sta facendo uno sforzo interpretativo notevole mettendo a sistema una serie di norme diverse senza che l’Agenzia delle entrate si sia pronunciata sul punto.

Laddove tutta la ricostruzione sin qui proposta fosse ritenuta condivisibile resta un ulteriore aspetto da investigare: se è scontato che tali presupposti devono essere presenti nella società commerciale trasformanda e nella società semplice frutto della trasformazione (in concreto e non solo a livello di oggetto sociale), ci si chiede per quanto tempo questo status quo deve essere rispettato. In particolare, ad esempio, la vendita degli immobili da parte della società semplice che comporta la perdita del requisito di attività principale per la prevalenza della componente di holding comporta la revoca dell’agevolazione introdotta dalla Legge di bilancio 2023?  Allo stesso modo la circostanza che la società semplice incassi dividendi dalle proprie partecipazioni comporta la perdita del requisito della prevalente attività immobiliare, dando per scontato che nonostante i dividendi non siano ricavi vengano comunque ad essi assimilati?

Quel che è certo che la società semplice nell’esempio ora fatto non v’è dubbio che resta una società del tutto conforme alla propria natura giuridica secondo i dettami della norma codicistica, in linea con la relazione illustrativa del nuovo codice Civile frutto della Riforma e conforme alle prese di posizione della giurisprudenza che consentono alla società semplice l’esercizio delle seguenti attività: immobiliari, agricole, di gestione di partecipazioni (holding) e professionali.

Sarebbe incongrua e immotivata una soluzione penalizzante che vanifichi la portata della norma agevolativa la cui finalità (agenzia entrate circolare n. 26 del 1/6/2016) è quella di “favorire la circolazione degli immobili in modo da poter essere nuovamente immessi nel mercato - considerato che i beni fuoriescono, comunque, dal patrimonio della società che si trasforma per confluire in quello della società semplice risultante dalla trasformazione.”.

Dunque. Il legislatore si aspetta che questi immobili vengano immessi sul mercato e cambino di proprietario in tempi brevi, cosa che la trasformazione in società semplice meglio dell’assegnazione e cessione agevolata, consente per via del fatto che ai fini del raggiungimento dei 5 anni che comportano l’irrilevanza fiscale del capital gain (Tuir, art. 67, comma 1, lett. gb) contano anche gli anni di possesso della società commerciale.

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