Vendesi studio professionale: chi offre di più?

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Quando il passaggio generazionale non avviene, per il professionista che intravede il tramonto non resta che tentare di cedere la propria attività. La valutazione dello studio in sede di cessione presenta specifiche peculiarità che portano ad individuare il prezzo di cessione e i tempi di dilazione di pagamento. Non è questo l’argomento di questo contributo che intende invece focalizzarsi su un aspetto di rilevante attualità tenuto conto della incalzante riforma del sistema tributario (legge delega 9 agosto 2023, n. 111) che prevede la neutralità fiscale dei conferimenti degli studi professionali in STP. Ben venga la neutralità ma per ripartire il capitale sociale della STP di capitali o di persone (neocostituita o preesistente) occorre pesare le rispettive attività conferite e ciò comporta la valorizzazione delle stesse.

L’avviamento negli studi professionali

La possibilità (o meno) di valorizzare l’avviamento nell’ambito della cessione dello studio professionale ha visto alternanti vicende (anche nell’ambito della giurisprudenza della Cassazione) tenuto conto che l’avviamento è elemento tipico dell’azienda e la presenza dell’azienda nell’attività professionale, caratterizzata dalla pregnante presenza del professionista e del rapporto fiduciario con il cliente, è da sempre messa in discussione.

Senonché, tale elemento di incertezza sembra potersi affermare che è stato superato, quanto meno quando l'attività professionale è esercitata nell'ambito di studi organizzati, anche certificati ai fini della qualità, laddove le dotazioni informatiche e la ripartizione dei compiti svolti tra i diversi soggetti fanno sì che la struttura assuma una certa autono­mia rispetto alla figura del professionista. In buona sostanza, l'elemento “orga­nizzazione” in taluni studi professionali, inteso non come organizzazione di beni ma come “processo”, coordinamento di rapporti, prestazioni e di clientela, sta diventando un elemento rilevante,

Tali caratteristiche le si ritrovano abbastanza frequentemente, ad esempio, negli studi medici associati nel cui ambito vengono garantite prestazioni poliedriche e spesso interconnesse. Ma tali caratteristica la si ritrovano anche in studi, di notevoli dimensioni, che esercitano attività giuridiche (avvocati, commercialisti).

La Cassazione e la cessione della clientela

Si premette che di per la sé la clientela di uno studio professionale non è cedibile qualsivoglia sia la forma giuridica con cui è svolta l’attività (studio singolo, associato, STP) talché, per giustificare il corrispettivo della cessione, si adoperano formule contrattuali quali “agevolare il passaggio della clientela, astenersi di svolgere attività concorrente con riferimento alla individuata clientela”, etc.  Ebbene, per quanto la norma fiscale (Tuir, art. 54) contempla (per comprensibili questioni di onnicomprensività) espressamente la rilevanza fiscale dei corrispettivi derivanti dalla cessione della clientela, vale quanto ora detto: la clientela non è (giuridicamente) cedibile.

Ciò detto, la sentenza n. 2860 del 9 febbraio 2010, della Corte di cassazione ha affermato il principio che è legittimo il contratto con cui si prevede, verso compenso, che la cessione dello studio del professionista comprende, non solo i beni strumentali, ma anche il portafoglio clienti del professionista. Ne consegue che la cessione dello studio del commercialista va intesa, pur con le sue specificità, alla stregua di una vera e propria cessione d'azienda. Dunque, laddove unitamente al contenuto personale dell'attività svolta, sia presente un'organizzazione di mezzi e strutture, titolari e di dipendenti, un'ampiezza dei locali adibiti all'attività di modo che il fattore organizzativo e quando l'entità dei mezzi impiegati sovrastino l'attività professionale del titolare - o, quantomeno, si ponga, rispetto a essa, come entità giuridica dotata di una propria autonomia strutturale e funzionale - è possibile sostenere che ciò abbia una rilevanza economica suscettibile di una propria valutazione a se stante e oggetto di possibile contrattazione in base al combinato disposto di cui agli articoli 2238, 2082, 2112 e 2555 cc (cfr, Cassazione n. 370/1974, n. 11896/2002, n. 10178/2007).

Al riguardo, la Cassazione aveva già sottolineato come, nonostante in tali casi non sia configurabile in senso tecnico-giuridico un trasferimento della clientela, è però possibile la cessione dello studio professionale comprensivo dell'avviamento, consistente quest'ultimo in una qualità dello stesso, che viene così trasferito quale complesso di elementi organizzati per l'esercizio dell'attività, "munito dell'attributo essenziale e necessario costituito dall'avviamento" (Cassazione n. 5848/1979).

Peraltro, ciò che la predetta Cassazione (n. sentenza 2860/2010) ha consolidato, è stata preceduta da altre prese di posizione nella medesima direzione: ad esempio, Cassazione, Sezione lavoro, n. 14642/2006), ha sostenuto che, ai sensi dell'articolo 2112 cc, il trasferimento di azienda, può aver luogo anche in riferimento agli studi professionali tutte le volte in cui al profilo professionale dell'attività svolta si affianchi un'organizzazione di mezzi e di strutture, un numero di titolari e di dipendenti, una ampiezza di locali adibiti ad attività professionale tali che il rapporto organizzativo e l'entità dei mezzi impiegati sovrastino l'attività del titolare, il cui accertamento compete al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se fondato su una motivazione adeguata e immune da errori. Con riguardo al sottostante rapporto di lavoro dipendente nel trasferimento di azienda, è interessante anche richiamare la sentenza n. 6208/1987, laddove sempre la Sezione Lavoro della Cassazione ha affermato che, sebbene gli studi professionali non possano essere normalmente equiparati a un'azienda, essendo in essi prevalente l'attività personale dei titolari, ai medesimi, quando impieghino personale dipendente, è tuttavia applicabile, in forza dell'articolo 2238, capoverso, cc, l'articolo 2112, secondo cui, nel caso di trasferimento dell'azienda, il contratto di lavoro, salva tempestiva disdetta, continua con l'acquirente e il prestatore d'opera conserva i diritti derivanti dall'anzianità pregressa; pertanto, concernendo quest'ultima norma tutte le ipotesi di trasferimento della titolarità dell'impresa, qualunque sia il mezzo tecnico attraverso il quale sia stato attuato il trasferimento, il principio della continuità del rapporto di lavoro dell'ausiliario opera anche nel caso di successione nella titolarità del suddetto studio da parte di altro professionista.

Conclusioni

E’ oramai assodato che in caso di cessione dello studio professionale l’avviamento concorre a formare il prezzo. Che questo sia riferito in ambito professionale (anche) alla numerosità e alle caratteristiche della clientela è altrettanto indubbio. Nella pratica, tuttavia, il prezzo di cessione dello studio professionale è concordato con verifiche effettuate in tempi successivi volte a comprendere quanta parte della clientela ha mantenuto il rapporto con il professionista subentrante.

Senonché, quando si parla di conferimento dello studio singolo in associazione professionale o in STP, questo elemento di incertezza è assente perché il cliente non perde il riferimento con il proprio professionista di fiducia anche se si vede fatto confluire in una nuova struttura (in linea di principio più efficiente). Dunque, la valutazione dello studio per ripartire le quote associative o societarie tra tutti i professionisti partecipanti si fa a bocce ferme; ne consegue che le tecniche di valutazione dell’azienda professionale si avvicinano notevolmente a quelle utilizzate per la valutazione dei conferimenti d’azienda in New.co, o in società preesistenti.

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