PER LA CASSAZIONE, LA DICHIARAZIONE INTEGRATIVA COSTRINGE A RAVVEDERE GLI ACCONTI

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Quali implicazioni ricorrono tra la dichiarazione infedele e gli acconti d’imposta inerenti all’anno immediatamente successivo a quello interessato dall’infedeltà dichiarativa? In altri termini, se ravvedo a sfavore un'infedele dichiarazione dell'anno X, dovrò poi provvedere a ravvedere anche gli acconti dell'anno successivo che, prevedibilmente ed inevitabilmente, a quel punto risulterebbero inferiori rispetto al dovuto?

La questione, quindi, interessa il tema del ravvedimento operoso perché, in ragione della risposta e a seconda dalla tesi che si sceglie, a fronte del ravvedimento sulla dichiarazione infedele si dovrebbe, o meno, ravvedere anche l’omesso versamento degli acconti.

In passato, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che “se dalla dichiarazione integrativa emerge una maggiore imposta dovuta per l’anno 2006 e quindi dei maggiori versamenti in acconto per l’anno 2007, viene ad integrarsi anche la fattispecie dell’insufficiente versamento dell’acconto per il periodo d’imposta 2007” (circ. Agenzia delle Entrate 18 giugno 2008 n. 47 par. 4.2).

Recentemente, invece, con la circolare n. 42 del 2016 par. 3.1.2 c’è stato un ribaltamento di opinione da parte del Fisco, laddove si è affermato che “la fattispecie dell’insufficiente o omesso versamento dell’acconto si perfeziona solo con l’inutile decorso del termine di scadenza del versamento stesso ed è autonoma rispetto alla dichiarazione che semplicemente ne determina l’ammontare”.
In sostanza, è stato espressamente superato l’orientamento della pregressa circolare n. 47 del 2008.

Se tali considerazioni per le Entrate sono valse nel tempo e sono state applicate  non solo per gli acconti ai fini delle imposte dirette, ma anche per l’acconto IVA, curiosamente è la Corte di Cassazione ad essere a volte più restrittiva e rigorosa nell’interpretazione del ravvedimento operoso, molto più dell’Agenzia delle Entrate.
Ecco allora che, con la sentenza n. 6593 del 10 marzo 2021, la Cassazione, in tema di acconti d’imposta, ha validato la prima tesi delle Entrate, ovvero quella esplicitata con la circolare n. 47 del 2008.
Nei punti 7.2 e 7.3 della sentenza si motiva ciò sostenendo che le norme collegano il calcolo degli acconti al “dichiarato”, “comprendendosi in esso anche quanto risultante dalla dichiarazione integrativa”, e dal fatto che la contribuente, “scegliendo di presentare una nuova dichiarazione, si era accollata anche la responsabilità per le violazioni cd. indotte, emergenti a seguito della nuova dichiarazione, quale quella costituita dal ridotto versamento degli acconti dovuti per l’anno successivo”.

In punto di diritto, viene stabilito al punto 7.3 della sentenza: “Quanto sopra è confermato dall’art. 13 del DLgs. n. 471 del 1997 che punisce con le sanzioni ivi previste l’insufficiente pagamento, alle prescritte scadenze, dei pagamenti in acconto, senza alcuna esclusione dalla base di calcolo di quelli risultanti dalla dichiarazione integrativa, la quale, proprio perché integrativa, va a saldarsi con la dichiarazione iniziale”.

In definitiva quindi viene avvalorata la tesi negata dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 42 del 2016 e dunque ora il ravvedimento eseguito solo sulla dichiarazione infedele andrebbe a legittimare una sanzione “a caduta” sugli acconti.

Al contribuente ed al suo professionista d'ora in avanti spetterà decidere se confidare nella bonarietà della prassi del 2016 delle Entrate che non prevede la necessità del ravvedimento degli insufficienti acconti generati da una dichiarazione infedele o se già conformarsi alla nuova visione della giurisprudenza di legittimità. Nella consapevolezza che se il Fisco decidesse comunque di contestare se stesso e portare il contribuente di fronte al giudice per tale questione, il giudice gli  darebbe ragione. Darebbe infatti ragione a quell'Ufficio che decidesse di portare in giudizio il contribuente negando la sua prassi più recente del 2016, sulla quale il tapino cittadino aveva ovviamente confidato. Lo so, si fatica un po' a seguire non solo me e a comprendere anche se esista un senso a tutto ciò, ma dove a far irridere il sistema fiscale non arrivano le Entrate a dare una mano a volte suppliscono anche i giudici.

Così è se vi pare...

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