ACCERTAMENTO PARZIALE – ESCLUSI I CRITERI VALUTATIVI DA PARTE DELL’UFFICIO

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La recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, n. 29036 del 24 maggio 2021, ha affermato, dando una concreta mano ai contribuenti,  che l’accertamento parziale non può essere connotato da alcuna attività di tipo valutativo da parte dell’agenzia delle Entrate, riattivando così il dibattito sulla questione, evidentemente non ancora serenamente risolta, dell’ambito applicativo del procedimento dell’accertamento parziale di cui all’art. 41 bis del DPR 600/73, per le imposte dirette e di cui all’art. 54 del DPR 633/72 per l’Iva.

Infatti, il notevole principio affermato dall’ordinanza sopra citata risulta in contrasto con altro consolidato principio della stessa Suprema Corte secondo il quale "L'accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui al DPR n. 600/73, articoli 38 e 39 e al DPR n. 633/, articoli 54 e 55, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo ed il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare" (Cass. 21984/2015, 25018/2018, 28681/2019, 18398/2020, 30034/2021).

Analisi del problema

A dire il vero, come evidenziato dalla migliore dottrina, il principio appena esposto non è privo di censure e merita alcune precisazioni. Intanto, perché è ovvio che l’accertamento parziale non costituisce un “metodo” di accertamento ma lapalissianamente una “procedura” di accertamento. Tuttavia, ciò, non esclude che la speciale “procedura” di accertamento (parziale), che evidentemente si contrappone alla “procedura” di accertamento ordinario, possa prevedere limitazioni nell’adozione delle “metodologie” di accertamento che l’ordinamento mette a disposizione dell’amministrazione.

Accertamento parziale – solo sulla base di dati certi e oggettivi

L’accertamento parziale è legittimo se fondato su elementi che in modo diretto e immediato provino la maggiore base imponibile con esclusione di qualsivoglia profilo valutativo dell’Agenzia.

Tale interpretazione tende ad escludere l’utilizzo di metodi presuntivi di accertamento nell’ambito dell’accertamento parziale, quali quelli del redditometro, dell’accertamento bancario, della rideterminazione dei ricavi sulla base di percentuali di ricarico.

Ciò, tuttavia, non significa escludere totalmente il metodo dell’accertamento induttivo nell’ambito dell’accertamento parziale. Quello che è escluso nell’accertamento parziale è il metodo di accertamento che implica un ragionamento logico valutativo sulla base del quale è motivato l’atto impositivo.

In altri termini, secondo la cassazione nella sentenza n.29036/2021:

  • sarà possibile un accertamento parziale induttivo per omessa presentazione della dichiarazione che ridetermina l’imponibile sulla base dei Ricavi assunti dalle fatture emesse (è proprio il caso esaminato dalla sentenza 29036/2021), vale a dire di un dato certo e oggettivamente dimostrato;
  • è invece escluso che la ricostruzione dell’imponibile possa anche comportare la valutazione della deducibilità dei costi che richiedono un processo valutativo circa l’inerenza e l’effettività degli stessi.

Fin qui le conclusioni sono chiare per quanto opinabili poiché acquisire i ricavi derivanti dalle fatture (dato certo e inequivocabile) e non tenere conto dei costi ancorché rilevati poiché ciò implica la necessità di una verifica (e quindi un’attività di valutazione) circa la loro inerenza, non sembra una conclusione equilibrata. Si potrebbe obiettare che anche per i ricavi l’Ufficio ha comunque dovuto fare una valutazione se non altro per verificare che non si trattasse di incassi a fronte di operazioni non imponibili o meri rimborsi di costi sostenuti in nome e per conto della controparte. È evidente che a fronte di posizioni così estreme ed opinabili della Suprema Corte poi si diventa giustamente cavillosi.

Gli accertamenti parziali successivi al primo

Cambiando parzialmente argomento, merita di essere rappresentata un ulteriore questione affrontata dalla suprema Corte, con la sentenza n. 23685/2018 laddove ha è affermato il principio secondo cui: "in materia di accertamento, il mancato rispetto delle prescrizioni previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 41 bis, comma 1, e dall'articolo 43, comma 3 del medesimo decreto, può determinare l'illegittimità dell'accertamento successivo e non di quello già esplicato". Tendenzialmente, infatti, l'accertamento deve essere unico nei confronti del contribuente, trovando tale principio deroga o nella ipotesi che la sollecita emersione di materia imponibile giustifica un accertamento parziale che può essere poi integrato (41 bis), oppure, qualora l'accertamento sia stato generale, nella identificazione di nuovi elementi entro i termini di scadenza dei poteri accertativi della Amministrazione (articolo 43).

Ad un tempo, ed in ogni caso, qualora l'accertamento sia esplicato al di fuori delle ipotesi consentite, l'eccezione di illegittimità può riguardare l'eventuale successivo esercizio dell'attività accertatrice, non quello già eseguito, perché è con il secondo che si incide sulle garanzie difensive del contribuente.

Va detto che questa ultima conclusione non sembra fare una piega.

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