Affitto d’azienda alberghiera – la norma di interpretazione autentica

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Con l’articolo 5-bis della legge di conversione del decreto Legge n.41/2021, viene introdotta una norma di interpretazione autentica della disposizione contenuta nel decreto legge n. 23/2020, che consente alle imprese del settore alberghiero e termale di rivalutare gli immobili a destinazione alberghiera anche se concessi in locazione o affitto d’azienda a imprese operanti nel medesimo settore.

Ci si potrebbe chiedere per quale motivo il legislatore abbia ritenuto necessario disporre tale precisazione (scontata in quanto l’agenzia ha sempre interpretato la norma storica in questo senso) e oltretutto con una norma di interpretazione autentica.

La risposta prevede un inquadramento sistematico di questa peculiare rivalutazione consentita solo a questa particolare tipologia di soggetti; la norma è certamente sui generis rispetto alle disposizioni passate o attuali che regolano la disciplina della rivalutazione dei beni aziendali.

Ciò in quanto:

  • la rivalutazione ha effetto fiscale senza dover pagare alcuna imposta sostitutiva (per gli altri settori, come noto la sostitutiva è del 3%);
  • la rivalutazione può essere eseguita indifferentemente nel bilancio 220 o in quello 2021 (per gli altri settori solo nel bilancio 2020);
  • qualora la rivalutazione sia effettuata nel bilancio 2020 i maggiori valori sono riconosciuti già nel medesimo esercizio (per gli altri settori decorre dal 2021.

Perché la norma di interpretazione autentica

La particolare appetibilità della disposizione - che si giustifica solo con le note difficoltà del settore a causa della pandemia – circoscritta alle imprese del settore alberghiero e termale, comporta l’esigenza di garantire che il beneficio sia colto SOLO da imprese effettivamente appartenenti al settore colpito.

Da qui l’interrogativo: se una impresa che possiede un immobile a destinazione alberghiera non gestisce direttamente l’attività poiché l’immobile è stato concesso in locazione ad un imprenditore del settore o in affitto d’azienda al medesimo, può comunque fruire della particolare rivalutazione dei beni locati/affittati prevista dall’articolo 6-bis del decreto legge n. 23/2020 per le imprese del settore?

Qualcuno dubitava che ciò fosse possibile dal momento che la garanzia della percezione dei canoni di locazione per il concedente (sia consentito, nient’affatto scontata tenuto conto dei recenti avvenimenti) proiettasse tali soggetti al di fuori del perimetro della norma agevolativa in quanto impresa da considerarsi non colpita dalla crisi di settore.

I precedenti interpretativi

Con la riposta ad interpello n. 637 del 23 dicembre 2020, l’agenzia delle entrate aveva già esaminato (e in parte maldestramente risolto) il problema che sopra ci siamo posti, dal momento che l’interpellante aveva espresso il convincimento che "il concedente è legittimato ad operare la rivalutazione ex art. 6-bis, D.L. n. 23/2020, anche se la gestione dell'azienda alberghiera è stata concessa a terzi (Alfa S.p.A, società appartenente al medesimo Gruppo che detiene una partecipazione totalitaria nella Società) in forza della combinazione di due fattispecie contrattuali (autonome ma geneticamente e funzionalmente collegate sotto il profilo civilistico-negoziale)". Ciò "in forza di una interpretazione letterale nonché teleologico-sistematica dell'art. 6-bis cit., che non ne limiti la portata soggettiva ai contribuenti aventi codice Ateco corrispondente all'attività alberghiera, bensì ricomprenda tutti quei soggetti che, come la Società, operano nel settore alberghiero, anche in via indiretta, ed appartengono a un gruppo di imprese operanti nel settore predetto".

L’agenzia delle entrate, prende preliminarmente atto che uno dei presupposti è rispettato “Nel caso in esame l'istante evidenzia che le parti hanno pattuito l'imputabilità al concedente (e, quindi, alla società istante) delle quote di ammortamento dei beni oggetto dell'azienda, in deroga all'articolo 2561 del codice civile.”.

Dopo di che (ed è qui, probabilmente che si genera l’incertezza) l’Agenzia prende atto e conclude (in tutt’uno) che la norma è finalizzata a "sostenere i settori alberghiero e termale", e tale finalità deve intendersi realizzata anche nell'ipotesi in esame, in cui la gestione dell'azienda alberghiera è concessa ad un soggetto (Alfa S.p.A.), appartenente al medesimo Gruppo, che detiene una partecipazione totalitaria nella Società interpellante.

Sembra quindi (per come risponde l’Agenzia) che la rivalutazione sia consentita in tanto in quanto l’affitto d’azienda e la locazione dell’immobile alberghiero avvenga all’interno del gruppo, diversamente non sarebbe consentita.

Più chiara è la successiva risposta n. 200 del 23 marzo 2021 relativa al caso in cui una S.a.s. concedeva in affitto l’azienda alberghiera convenendo, in deroga all'art. 2561 del codice civile, che le quote di ammortamento fossero calcolate da essa concedente. In tal caso, L’Agenzia delle entrate ha precisato che la finalità della norma deve intendersi realizzata anche nell'ipotesi in cui la gestione dell'azienda alberghiera è concessa ad un soggetto terzo da parte della società titolare la quale (come emergeva dalla documentazione integrativa e dal bilancio al 31/12/2019), ritrae i propri ricavi unicamente dai canoni di affitto.

La norma di interpretazione autentica

Come detto, l’articolo 5-bis introdotto nel decreto Sostegno 1 in sede di conversione, stabilisce che la disposizione che consente alle imprese del settore alberghiero e termale di rivalutare i beni aziendali con effetto fiscale senza alcuna pagamento “si applica anche agli immobili a destinazione alberghiera concessi in locazione o affitto d’azienda a soggetti operanti nel settore alberghiero e termale, ovvero per gli immobili con corso di costruzione, rinnovo o completamento.”.

La norma è piuttosto criptica e comunque inutile tenuto conto delle interpretazioni dell’Agenzia delle entrate di cui si è dato conto sopra. Per come è scritta sembrerebbe che per qualunque immobile in corso di costruzione, rinnovo o completamento si possa fruire della rivalutazione gratuita con effetto fiscale, mentre deve essere dato per scontato che si parli sempre di immobili a destinazione alberghiera o termale. La conferma sembra arrivare nell’ultimo periodo dell’articolo 5-bis in esame laddove si stabilisce che nel caso di immobili in corso di costruzione, rinnovo o completamento, la destinazione (evidentemente, alberghiera o termale) la si deduce dai titoli edilizi e in ogni altro caso dalla categoria catastale.

Conclusioni e criticità residue

Dunque, sintetizzando, la rivalutazione gratuita e con effetto fiscale riferita a immobili del settore alberghiero e termale, possibile nei bilanci 2020 e 2021, può essere utilizzata dalla impresa proprietaria degli immobili anche se gli stessi siano stati concessi in locazione o in affitto d’azienda a soggetti che vi svolgono attività alberghiera o termale.

Senonché resta sempre il seguente dubbio: se una impresa immobiliare che esercita attività di locazione di immobili possiede, tra gli altri, un immobile a destinazione alberghiera che viene concesso in locazione a terzi, può rivalutare l’immobile visto che è concesso in locazione ad una impresa del settore alberghiero, pur non appartenendo essa a tale settore? La risposta dovrebbe essere negativa poiché la norma primaria consente l’accesso all’agevolazione alle sole imprese del settore alberghiero e termale e la norma di interpretazione autentica qui oggetto di commento non è che una specificazione di una particolare modalità di esercizio indiretto dell’attività alberghiera e termale.

Laddove, invece, l’albergo faccia parte di una azienda alberghiera/termale, il problema non si pone: se l’impresa proprietaria dell’immobile ha affittato l’azienda significa che questa è un compendio organizzato di beni e rapporti giuridici per l’esercizio dell’attività (dotato di autorizzazione amministrativa comunale) ed è evidente che l’affittante è una impresa del settore alberghiero/termale. Ovviamente affinché il proprietario dell’azienda possa rivalutare il cespite concesso in affitto d’azienda occorre che le quote di ammortamento siano deducibili dal proprio reddito. Concludo sul punto facendo presente che la norma di interpretazione autentica sin qui commentata, non richiama la deroga all’articolo 2561 del codice civile la quale stabilisce che il locatario “deve gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.”, bensì più semplicemente pone come condizione che “le quote di ammortamento siano deducibili dal reddito del concedente” . D’altronde, l’articolo 102 del Tuir (ammortamenti dei beni materiali) prevede espressamente che “Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme dell'articolo 2561 del codice civile, concernenti l'obbligo di conservazione dell'efficienza dei beni ammortizzabili. Dunque, prevedere nel contratto una esplicita deroga a questa disposizione fa si che le manutenzioni restino a carico dell’affittante il quale ha quindi diritto di calcolare e dedurre gli ammortamenti.

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