Cessione di beni ammortizzabili esclusi dal pro-rata Iva

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Con la recente risposta ad interpello n. 413 del 3.8.2023, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il caso di un ente pubblico di natura economica che:

  • svolge il ruolo di gestore del patrimonio immobiliare affidato da una Regione, realizzando interventi di recupero, riqualificazione e nuova costruzione, acquisizione di immobili da destinare a edilizia residenziale pubblica e gestione del patrimonio pubblico residenziale;
  • nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021, ha perfezionato la cessione di oltre 750 immobili (quasi totalmente abitativi), realizzando un fatturato di oltre 90 milioni di euro, rappresentativo di una “percentuale significativa del volume d’affari” dell’ente stesso;
  • in aderenza alla lettera dell’art. 19-bis, co. 2 del D.P.R. 633/1972, ha escluso dalla determinazione del pro-rata di detrazione IVA i fabbricati posseduti – sia abitativi che strumentali – avendo iscritto in bilancio tali beni fra le immobilizzazioni materiali che, ai sensi del principio contabile OIC 16, sono stati sottoposti ad ammortamento.

Con riferimento al caso prospettato ed astenendosi dal valutare i criteri adottati dall'Ente per la qualificazione dei fabbricati in bilancio, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, ai fini del calcolo del pro-rata di detraibilità, debbano essere esclusi i "beni ammortizzabili", secondo la definizione che rileva ai fini delle imposte sui redditi e che sono pertanto diversi dai:

  • fabbricati c.d. merce (art. 92 del T.U.I.R.)
  • fabbricati cd. "patrimonio" 8art. 90 del T.U.I.R.)

In buona sostanza, secondo l’Agenzia delle Entrate, poiché il fabbricato è stato qualificato, ai fini delle imposte dei redditi, come “bene ammortizzabile”, consegue che il medesimo fabbricato deve considerarsi ammortizzabile anche ai fini dell’IVA  e, per tale ragione, la relativa cessione deve ritenersi esclusa dal calcolo del pro-rata di detraibilità.

Il chiarimento reso dall’Agenzia delle Entrate lascia spazio a qualche riflessione, poiché:

  • la fattispecie esaminata nella risposta in esame non pare essere aderente a quella esaminata nella risposta ad interpello n. 165/2020, in quanto quest’ultima riguardava una società operante nel trasporto aereo, tenuta all’acquisto e rivendita di velivoli per “garantire il costante aggiornamento degli aeromobili in uso”;
  • la nozione di “beni di investimento” di matrice comunitaria non può comprendere quelli “la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un’attività economica usuale” (causa C-98/07, punto 25);
  • nonostante l’Ente istante abbia trattato tali immobili quali beni ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, dalla lettura del caso sembrerebbe piuttosto che le cessioni degli stessi rientrino nell’ordinaria attività d’impresa e, pertanto, ai fini IVA, non andrebbero inclusi nei “beni d’investimento” di cui all’ art. 19-bis, comma 2, del D.P.R. 633/1972.

Assunto tale presupposto sarebbe, pertanto, stata più corretta la classificazione di tali beni fra le rimanenze di magazzino e ciò in aderenza al principio contabile OIC 13, secondo cui tale voce comprende “beni destinati alla vendita (...) nella normale attività della società”, con conseguente inclusione nel computo del pro rata di detraibilità.

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