CREDITO INESISTENTE O NON SPETTANTE? LA CASSAZIONE SCOPRE L’ACQUA CALDA

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Con la sentenza n. 34419 dell'11 dicembre scorso, la Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata sulla distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti, scoprendo finalmente... l'acqua calda.

Infatti, l’art. 13 del DLgs. 471/97, nella formulazione successiva al DLgs. 158/2015, già da anni forniva una definizione inequivoca di credito non spettante e di credito inesistente:
- il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti” e ne sanziona l’indebita compensazione nella misura del 30%;
- il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante liquidazione automatica o formale e ne sanziona la compensazione nella misura dal 100% al 200%.

Le Sezioni Unite, ovviamente, confermano che ben prima del DLgs. 158/2015 (che ha introdotto i commi 4 e 5 nell’art. 13 del DLgs. 471/97) il legislatore avesse mostrato l’intenzione di riservare ai crediti inesistenti un trattamento ben più rigoroso, con il DL 185/2008 ed esse si soffermano sull’interpretazione dei casi in cui il credito può dirsi “inesistente” che tale è se mai venuto a esistenza.

Tanto quanto allora indicato dall’art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97, le Sezioni Unite precisano che il credito è sempre non spettante se, nonostante sia nei fatti inesistente (quindi puramente inventato dal contribuente) è suscettibile di emergere da liquidazione automatica o controllo formale della dichiarazione. Sembrerà strano: ma è esattamente quanto letteralmente scritto da anni nel testo di legge... ma in Italia succede invece che debba essere il giudice supremo a dover spiegare all'Agenzia delle Entrate ed erga omnes che l'acqua era bagnata.

Va, peraltro, segnalato che l’art. 20 comma 1 lett. a) n. 5 della L. 111/2023 (c.d. delega per la riforma fiscale) invita l’Esecutivo a “introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”.

In base tuttavia alla bozza di decreto in tema di accertamento approvata in via preliminare in data 3 novembre 2023, invece in aperta violazione della delega si introduce un’unica procedura per qualsiasi indebita compensazione.
Unico termine del 31 dicembre dell’ottavo anno successivo alla compensazione, riscossione intera di imposte e sanzioni anche in caso di ricorso e possibilità di definizione al terzo. Se il testo quindi non subirà modifiche, non ci sarà ovviamente più bisogno di distinguere il credito inesistente dal non spettante, con buona paca di tutti coloro che per dirimere questo spinoso tema confidavano nella riforma tributaria.

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