Il green pass nel settore privato: Un bel problema da gestire.

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Dopo le questioni calde dell’ultimo blog (si veda il titolo: La quarantena del lavoratore: Che assurda situazione!) il nostro Legislatore ci ha messo di fronte ad un’altra, ennesima sfida professionale (e personale!). Argomento?

Chiaro che stiamo parlando, ancora una volta, del tanto discusso Certificato Verde (conosciuto, per gli appassionati anglofoni, come Green Pass)

A darci la notizia, dopo un roboante Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri, è il Decreto Legge n. 127 del 21 settembre 2021. Tale Decreto, in coda ad altri (DL n. 105/2021 convertito in Legge n. 126/2021, Decreto Legge n. 111 del 6 agosto 2021 e Decreto Legge n. 122 del 10 settembre 2021) che prevedevano l’obbligo del Certificato ma a settori più limitati e contingentati, estende tout court l’obbligo della Certificazione Verde sia per il settore Pubblico che per quello Privato.

Come anticipato, l’ultimo Decreto Legge sul tema (DL 122/2021) aveva recentemente previsto tale obbligo per tutti gli appalti negli Istituti di Istruzione, Università, strutture residenziali, sociosanitarie ed assistenziali.

Invece, i destinatari del nuovo provvedimento sono tutti i lavoratori ed altri soggetti che svolgono la propria attività lavorativa (anche di formazione o di volontariato) nei luoghi attinenti al settore privato e del pubblico impiego. Se la locuzione è rivolta ai “lavoratori” non vi sono dubbi sul fatto che rientrino, oltre che ai lavoratori subordinati, anche quelli che rivesto la qualifica di lavoro autonomo ed i collaboratori coordinati e continuativi. Nessun dubbio, riferendosi ad attività “di formazione”, oltre che di volontariato sul fatto che anche i tirocinanti e gli stagisti rientrino nell’alveo dei soggetti per i quali è previsto l’obbligo in parola.

Tali previsioni, detti al plurale poiché da una parte vi è l’obbligo di controllo (seppur a campione) del datore di lavoro e dall’altro vi è quello del possesso di certificato da parte del lavoratore, sono obbligatori a partire dal 15 ottobre 2021 fino alla fine dell’anno corrente, inteso come fine dello stato emergenziale. Tra gli esperti sembra evidente la consapevolezza che un’eventuale (ennesima) proroga dello stato di emergenza porterebbe quasi automaticamente l’estensione dell’obbligo della certificazione verde per il medesimo periodo.

La norma chiarisce che l’obbligo di certificazione è escluso per coloro che presentano particolari patologie certificate da apposita documentazione medica, rilasciata secondo i criteri contenuti nella Circolare del Ministero della salute.

Ma a chi spetterà il deplorevole compito di verifica della certificazione?

Ma che domanda retorica! Come ormai da prassi è il datore di lavoro (o un suo incaricato) che avrà l’onere di controllare il documento preferibilmente al momento dell’accesso del dipendente nel luogo di lavoro. In particolare, la verifica potrà avvenire tramite la scansione del QR Code, utilizzando l’App “VerificaC19”. Va sottolineato che non è in alcun modo consentita la conservazione di dei dati dell’intestatario del certificato, ai fini della tutela della privacy dell’individuo.

E allora affrontiamo il caso più spinoso: Cosa succede se un soggetto non è vaccinato?

Anche se la questione è nota a (quasi) tutti, va chiarito che non è solo con il vaccino che si può ottenere il certificato Verde. Infatti, attualmente tra le opzioni per possedere i requisiti per la Certificazione verde Covid-19, alternativamente al vaccino occorre:

  • essere negativi al test molecolare o antigenico rapido. Nei casi di tampone negativo la Certificazione sarà generata in poche ore. Tra le più importanti novità introdotte in commissione vi è l’estensione della validità del tampone molecolare che diventa di 72 ore. Mentre per i test rapidi antigienici resta di 48 ore dal momento del rilascio.
  • Essere guariti dalla malattia Covid-19. La Certificazione sarà generata entro il giorno seguente e avrà validità per 180 giorni (6 mesi).

Resta comunque la possibilità, su scelta del datore di lavoro, di far svolgere l’attività lavorativa dei lavoratori privi di Green Pass in modalità di Smart Working. Nel caso in cui tutto ciò non sia possibile poiché la mansione del singolo non è compatibile con tale tipologia di lavoro, è prevista l’assenza ingiustificata del lavoratore, anche senza la corresponsione della retribuzione.

Sono previste delle sanzioni, in caso di inosservanza?

Come ogni obbligo che si rispetti, sono previste anche delle sanzioni amministrative per tutti coloro che non adempiono ai propri compiti.

In particolare, l’art. 9 comma 8 del DL stabilisce una sanzione amministrativa che va dai € 600 ai € 1.500 per il lavoratore che viene trovato sul luogo di lavoro privo di certificazione.

Invece, per il datore di lavoro che omette il controllo al momento dell’ingresso del dipendente nel luogo di lavoro o non ha adottato le misure organizzative del caso è prevista una sanzione che va dai € 400 ai € 1.000. In qualsiasi delle precedenti situazioni, la multa raddoppia in caso di reiterata violazione.

Ci troviamo a trattare un tema molto delicato che coinvolge la sfera privata dell’individuo. Ricordiamo pertanto che le informazioni sanitarie del singolo rimangono riservate e non devono essere divulgate o divenire oggetto di interesse da parte di colleghi, superiori o chiunque altro.

È per questo motivo che, stante la delicatezza del tema, una fattiva collaborazione, volta ad evitare contrapposizioni frontali, deve rimanere una sana priorità.

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