Imposta di Registro – Finalmente tutto chiaro – O forse nulla!

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Meritoriamente la Legge di bilancio 2018 è intervenuta sull’articolo 20 del TU Registro cercando di “dare verso” ad una questione annosa e alquanto perniciosa. Il tutto nasce da interpretazioni dell’Agenzia delle entrate, in larga parte confermate dalla Cassazione, che hanno disconosciuto il contenuto letterale dell’atto notarile dandone una diversa lettura sulla base della sostanza economica dell’operazione e assoggettando conseguentemente l’atto all’imposta di registro corrispondente.

Il tutto sarebbe permesso dal fatto che il citato articolo 20 del TU Registro afferma(va) “1. L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.”

Andando al dunque:

  • se una persona fisica cede un immobile che è ricompreso in un piano urbanistico di riqualificazione comunale che consente, previo abbattimento dell’immobile, la costruzione di uno di maggior cubatura, l’Agenzia riclassifica l’atto da cessione di fabbricato in cessione di area fabbricabile, con ciò che ne consegue in termini di imposta di registro (aliquota del 9% sul valore di mercato del terreno edificabile);
  • se il socio unico di una società cede tutte le quote della propria società ad un altro unico soggetto, l’agenzia eccepisce che si inteso cedere l’azienda con la relativa applicazione dell’imposta di registro corrispondente (3% del valore venale dell’azienda salvo la diversa aliquota in presenza di immobili);
  • se una società conferisce in neutralità un azienda in altra società e la conferente ottenute le relative azioni o quote della conferitaria vende tutte le azioni o quote medesime, l’Agenzia riqualifica i due atti (conferimento e cessione) come un’unica operazione di cessione d’azienda con ciò che ne consegue in termini di imposta di registro;
  • se un soggetto cede l’intera propria partecipazione posseduta ad una società che ne diviene socio unico con l’obiettivo da parte di questa di incorporare la suddetta partecipazione, viene eccepito dall’Agenzia che in realtà la doppia operazione maschera una cessione d’azienda con ciò che ne consegue in termini di imposta di registro.

Va debitamente evidenziata la differenza tra le tre fattispecie sopra indicate:

  • la prima è riferibile ad un unico atto, ossi la cessione dell’immobile ovvero delle azioni o quote;
  • la seconda e la terza si sostanziano in due atti distinti (conferimento e cessione quote; cessione quote i incorporazione) ancorché assunti unitariamente ai fini della riqualificazione.

La solidarietà tra le parti dell’atto in materia di imposta di registro porta peraltro in se una ulteriore criticità che non è certo di questa mattina: in caso di accertamento da parte dell’Agenzia a seguito di riqualificazione dell’atto (rectius, della serie collegata di atti) anche il primo contraente (cedente) è chiamato in causa essendo solidalmente responsabile per gli atti successivi posti in essere dall’acquirente (esempio, incorporazione della partecipazione acquisita) del quale egli è del tutto estraneo e inconsapevole.

La modifica della Legge di bilancio 2018

Ebbene, si stabilisce, agendo sul citato articolo 20 del TU registro, che per l’individuazione dell’imposta di registro da applicare ad un atto non possono essere considerati elementi interpretativi esterni all’atto stesso, ovvero contenuti in altri negozi giuridici collegati a quello da registrare. La relazione illustrativa, afferma al riguardo che per la corretta tassazione dell’atto, “gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte (non potrà, ad esempio, essere assimilata ad una cessione di azienda la cessione totalitaria di quote)”.

Se tutto ciò va accolto con favore in nome della certezza del diritto e della salvaguardia della volontà delle parti indicata in atto, occorre sottolineare che il legislatore della Legge di bilancio 2018 fa salva, richiamandola espressamente nel riformulato art. 53 dello stesso TU, la disciplina dell’abuso del diritto contenuta nello statuto dei diritti del contribuente, consentendo all’Agenzia delle entrate, ricorrendone i presupposti, di rideterminare la base imponibile ai fini dell’imposta di registro se si è ottenuto un vantaggio fiscale: con raccapriccio segnalo, peraltro, che la norma non fa riferimento al vantaggio fiscale “indebito”, ma solo al vantaggio fiscale. Ciò è oggettivamente allarmante.

La relazione illustrativa a scanso di equivoci (ci mancherebbe!) afferma al riguardo “è evidente che ove si configuri un vantaggio fiscale che non può essere rilevato mediante l’attività interpretativa di cui all’articolo 20 del TUR, tale vantaggio potrà essere valutato sulla base della sussistenza dei presupposti costitutivi dell’abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente). In tale sede andrà quindi valutata, anche in materia di imposta di registro, la complessiva operazione posta in essere dal contribuente, considerando, dunque, anche gli elementi estranei al singolo atto prodotto per la registrazione, quali i fatti, gli atti e i contratti ad esso collegati. Con le modalità previste dall’articolo 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212, potrà essere, quindi, ad esempio, contestato l’abusivo ricorso ad una pluralità di contratti di trasferimento di singoli assets al fine di realizzare una cessione d’azienda”.

Peraltro c’è da chiedersi, come vadano valutate le ragioni fiscali (fino a quando sono legittime e quando non lo sono): se conferisco una azienda in una New.co e poi vendo ad un terzo tutte le azioni o quote della suddetta New.co. è vero che ho risparmiato l’imposta di registro riferibile alla cessione d’azienda, ma chi ha comprato le quote non può dedurre gli ammortamenti che avrebbe dedotto acquistando l’azienda. Come va valutata la questione? E’ evidente che l’accordo tra le parti non può essere stato quello di mascherare una cessione d’azienda, ma la vera volontà è stata quella di acquistare la partecipazione fruendo da parte del conferente-cedente dei vantaggi fiscali del conferimento d’azienda neutrale (art. 176 Tuir) e della successiva vendita delle partecipazioni in PEX (art. 87 Tuir). Peraltro va anche soppesato il fatto che l’imposta di registro la paga l’acquirente (anche se il cedente ne risponde solidamente) e nell’esempio ora prospettato è chiaro che il potere contrattuale è in mano al cedente che impone l’operazione per il risparmio che ne ha ai fini delle imposte sul reddito. Quindi parlare di accordo elusivo tra le parti è difficilmente sostenibile (l’unico che ci rimette in ogni senso è l’acquirente).

Ma cosa ne penserà l’Agenzia?

Insomma, non vorrei concludere che ciò che è uscito dalla porta ce lo ritroviamo rientrato dalla finestra, ma quasi: l’applicazione della normativa sull’abuso del diritto ha comunque il pregio che devono essere riconosciuti al contribuente i diritti previsti dalla disciplina in materia di abuso del diritto, fra i quali la possibilità di dimostrare le valide ragioni non marginali extra-fiscali in sede di indispensabile preventivo contraddittorio. Si osserva che il contribuente potrà anche in caso di incertezza presentare un interpello anti abuso. Inoltre ricondurre il tutto all’abuso di diritto e non all’evasione fiscale ha il pregio per il contribuente che non si incorre mai in reato penale.

 La decorrenza

Dubbi sussistono anche sulla decorrenza della disposizione. E’ una norma che ha carattere interpretativo come sembra leggendo la relazione illustrativa (in più punti, si afferma la volontà di “chiarire”) e, dunque, ha effetto retroattivo o si applica solo agli atti stipulati dal 1° gennaio 2018 visto che nella rubrica dell’articolo e nel testo della norma non vi è traccia di efficacia interpretativa? E ancora, se un atto è stipulato prima del 1° gennaio 2018 ma portato alla registrazione dopo tale ultima data si applica o meno la disciplina?

Al momento, in mancanza di contributi ufficiali la dottrina è divisa.

 

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