L’Agenzia delle Entrate e le sue attese istruzioni su detassazione, decontribuzione e Welfare Aziendale

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Oramai non ci speravamo più.

Correva il giorno 28 dicembre 2015 e con la legge n. 208, articolo 1, commi 182-190 (legge di Stabilità 2016) e le successive implementazioni normative (Legge 11 dicembre 2016 n. 232, art. 1, commi 160-162, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 e legge 27 dicembre 2017, n. 205, commi 28 e 161) si introduceva un percorso in materia di detassazione dei premi di risultato e di welfare aziendale.

Da quel giorno l’Agenzia delle Entrate non ha certamente fornito enormi istruzioni se non l’iniziale Circolare n. 28 del 15 giugno 2016, ed alcune sporadiche risposte ad interpello da parte della Direzione Regionale della Lombardia.

Ma, quando ormai le speranze erano destinate a svanire, il 29 marzo 2018 è arriva la Circolare n. 5E/ 2018. Una circolare di 45 pagine ricca di riferimenti sulla detassazione “pura”, sull’istituto della decontribuzione e sul welfare aziendale “sostitutivo”. Molti chiarimenti, che difficilmente saranno sintetizzabili in questo spazio, ma che cercherò di riassumere per punti principali prendendomi la responsabilità di selezionarne quelli che ho ritenuto più “interessanti” per i lettori.

La prima parte, prende come riferimento l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione dell'imposta sostitutiva sui premi di risultato.

In particolare arriva un chiarimento per i dipendenti che nell’anno precedente a quello di erogazione del premio abbiano beneficiato delle agevolazioni previste per il rientro dei lavoratori in Italia, per i quali la base imponibile del reddito di lavoro dipendente è assunta in misura ridotta (ad es., l. n. 238 del 2010 o d. Lgs. n. 147 del 2015).  Secondo l’Agenzia il limite di euro 80.000 dovrà essere calcolato in ragione dell’importo di reddito di lavoro dipendente effettivamente percepito.

Riguardo poi al “limite” dei 3.000 euro, estendibile ai 4.000 in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, l’Agenzia correttamente ricorda che il decreto legge n. 50 del 2017 ha sostituito il comma 189 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016, stabilendo che “Per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro …, è ridotta di venti punti percentuali l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota delle erogazioni previste dal comma 182 non superiore a 800 euro. Sulla medesima quota, non è dovuta alcuna contribuzione a carico del lavoratore. Con riferimento alla quota di erogazioni di cui al presente comma è corrispondentemente ridotta l’aliquota contributiva di computo ai fini pensionistici.”.

Conseguenza di questo è che i premi di risultato erogati in esecuzione di contratti, aziendali o territoriali, stipulati dopo l’entrata in vigore del citato decreto legge n. 50, avvenuta il 24 aprile 2017, sono agevolabili nell’importo massimo lordo di euro 3.000 anche se corrisposti da aziende che adottano forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Le agevolazioni contributive, quindi, sostituiscono l’aumento della “soglia” dai 3.000 ai 4.000 per i contratti sottoscritti dopo l’entrata in vigore del D.L. 50/2017. Molto interessante è inoltre il passaggio in cui l’Agenzia conferma la possibilità di modificare ovvero integrare i contratti al fine di prevedere detto coinvolgimento sempreché, naturalmente, siano stati nuovamente depositati entro 30 giorni dalla data in cui, a seguito della modifica, è intervenuta la relativa sottoscrizione in conformità alle previsioni di legge.

Riguardo a questo ultimo punto, ampio spazio è stato dato alle modalità di esecuzione del “coinvolgimento paritetico dei lavoratori”. A parere di chi scrive questo tema può diventare molto interessante perché rende finalmente fruibile, per il datore di lavoro, un risparmio di natura contributiva. Vero è che si riferisce a “soli” 20 punti percentuali (che su una media del 29% dei contributi a carico azienda rappresenta comunque più di 2/3 di risparmio!), vero è che si riferisce sui premi “solo” fino agli 800 euro… Ma mi chiedo: tra le aziende di piccole / medie dimensioni che conosciamo ed assistiamo, quante prevedono premi di risultato vicine ai 3000 euro per la generalità dei dipendenti?

Per queste ragioni si ritiene comunque interessante valutare, anche sui contratti di secondo livello in corso, l’opportunità di estendere l’agevolazione anche al beneficio contributivo, seguendo le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate sulle modalità esecutive del “coinvolgimento paritetico dei lavoratori”.

Un altro passaggio notevole della Circolare è riferito alla sostituibilità del Premio di Risultato con i beni e servizi di cui all’art. 51 del TUIR. In effetti, come detto in premessa, non erano più state date delle istruzioni dopo la circolare n. 28 del 2016 e, nel frattempo, sono intervenute alcune modifiche normative che hanno esteso la possibilità di sostituire i PdR con altri tipi di beni / servizi di cui all’art. 51 del TUIR. Tra questi l’auto aziendale ad uso promiscuo, la concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione del dipendente dell’alloggio, le forme pensionistiche complementari, l’assistenza sanitaria integrativa, l’assegnazione di azioni aziendali e la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario, erogati a richiesta del dipendente in sostituzione e nei limiti di valore del premio agevolabile. Nella Circolare si riportano numerose istruzioni, ed esempi, sulle modalità di gestione in caso di sostituzione, da parte del lavoratore, del PdR con queste nuove possibili opzioni.

Ritornando alla rassegna dei chiarimenti forniti dalla Circolare ed uscendo dal tema specifico della detassazione, si passa alle modifiche intervenute nell’art. 51 c. 2 del TUIR.

In particolare, la Circolare riserva un ampio spazio relativo alla definizione dei “contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della 24 salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie”. Come noto, tali contributi e premi sono esclusi dall’imponibile fiscale – e conseguentemente da quello contributivo per effetto della armonizzazione delle basi imponibili – se corrisposti a titolo di copertura delle prestazioni sopra descritte. L’Agenzia esamina, anche sulla base di fonti amministrative precedenti, quali possono essere le tipiche voci assicurative in tal senso.

Cambiando argomento, ma rimanendo nelle modifiche intervenute nell’art. 51 c. 2, si passa alla recente disposizione (art. 51 c. 2 lett. d-bis del TUIR) secondo la quale non costituiscono voce imponibile “le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12;”.

Per la individuazione degli abbonamenti agevolabili, l’Agenzia ricorda la circolare 7 marzo 2008, n. 19/E, con la quale in merito alla detrazione, è stato precisato che per abbonamento ai mezzi di trasporto pubblico si intende un titolo di trasporto che consenta al titolare autorizzato di poter effettuare un numero illimitato di viaggi, per più giorni, su un determinato percorso o sull’intera rete, in un periodo di tempo specificato. Non si ritengono pertanto rientranti nell’agevolazione i titoli di viaggio che abbiano una durata oraria, anche se superiore a quella giornaliera, quali ad esempio i biglietti a tempo che durano 72 ore, né le cosiddette carte di trasporto integrate che includono anche servizi ulteriori rispetto a quelli di trasporto quali ad esempio le carte turistiche che oltre all’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici consentono l’ingresso a musei o spettacoli.

Pur provando a riassumere, si è giunti alla fine di questo articolo, fallendo il complicato tentativo di riassumere in un unico testo le informazioni, quantomeno in elenco, fornite dalla ricca Circolare dell’Agenzia delle Entrate.

Si coglierà l’occasione, nel prossimo articolo presente nel blog, di arrivare a completare l’ambizioso obbiettivo.

Come si dice in inglese…  stay tuned.  

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