Ore decisive alla Consulta per la sorte di migliaia di accertamenti tributari

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Gli operatori del contenzioso tributario e, più in generale, tutti i contribuenti sono in queste ore in trepida attesa di un importante pronunciamento della Corte Costituzionale, la cui ordinanza potrebbe travolgere una valanga di avvisi di accertamento dell'Agenzia delle Entrate se la Consulta ritenesse esteso l’obbligo del contraddittorio amministrativo preventivo non solo per gli accertamenti sui tributi armonizzati (es. Iva, dazi doganali, ecc.) e sugli accertamenti basati sulle ispezioni presso la sede del contribuente (ovvero preceduti da un c.d. accesso), ma per ogni controllo fiscale.

Come noto, infatti, gli Uffici solo in questi ultimi tempi hanno generalizzato una prassi operativa sostanziale che prevede l'instaurazione con il contribuente di una fase di contraddittorio ante-notifica di tutti gli atti di accertamento, ma l'Agenzia delle Entrate ha storicamente sempre ritenuto di non aver alcun obbligo legale di svolgimento di contraddittorio preventivo e, quindi, ha spesso direttamente formulato contestazioni tributarie senza alcuna convocazione del contribuente nelle ipotesi di controlli "a tavolino" (ovvero quelli contabili effettuati solo presso i propri Uffici) per i quali detto obbligo non fosse imposto strettamente dalla legge.

Cosicché, qualora nelle prossime ore la Corte costituzionale dovesse pronunciarsi in senso contrario, ovvero ritenendo sussistente nel nostro ordinamento un generalizzato diritto al contraddittorio preventivo in tutti i procedimenti tributari e dichiarasse incostituzionali le norme che vorrebbero veder limitata la garanzia del confronto amministrativo anticipato ai soli controlli effettuati nei locali aziendali, le conseguenze giuridiche e pratiche sarebbero particolarmente gravi.

Al fine di ricostruire il quadro attuale della questione si ritiene utile ricordare come ben tre siano stati gli interventi delle Sezioni Unite della Cassazione che hanno investito la problematica oggetto nelle prossime ore di pronunciamento della Consulta e gli Ermellini hanno dapprima chiarito come (Sent. n. 18184/13) l'obbligo di contraddittorio preventivo certamente riguardasse, a pena di nullità dell'atto, le ipotesi di accesso nei locali del contribuente. Con successiva sentenza (Sent. n. 19667/14) venne, invece,  affermata l'obbligatorietà del contraddittorio preventivo per ogni attività di accertamento. Diversamente, con la sentenza n. 24823/2015, i giudici del Palazzaccio hanno affermato che non esiste nel nostro ordinamento un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, salvo che esso non sia espressamente previsto per legge.

In altri termini, il poter esprimere il proprio punto di vista in sede amministrativa ed ante-contenziosa sarebbe, per la Cassazione, solo un principio di derivazione comunitaria e, quindi, applicabile solo alle contestazioni sui tributi "armonizzati" (come l'Iva, i dazi doganali, ecc.).

Ecco allora che i dubbi d'incostituzionalità che la Consulta scioglierà stabiliranno definitivamente se in questo paese possano esistere categorie di contribuenti diversamente garantiti nell'ambito dei controlli fiscali: i taxpayer "top", ovvero i contribuenti che se verificati hanno diritto sia a ricevere copia del verbale amministrativo conclusivo delle operazioni di verifica nei loro confronti, sia al contraddittorio preventivo nel quale già difendersi prima di poterlo eventualmente fare anche davanti al giudice ed i contribuenti di categoria inferiore che, in quanto non controllati a domicilio, potranno scoprire le pretese avanzate dall'Ufficio solo dopo la notifica dell'avviso di accertamento e quindi potranno difendersi solo davanti ad un giudice.

Non vi è, a questo punto, chi non veda come sarebbe ragionevole equiparare il diritto di difesa dei contribuenti in ogni tipo di controllo tributario, non fosse altro perché la scelta del tipo di indagine fiscale dell'Ufficio non dipende dal cittadino, ma da una decisione discrezionale dell'Amministrazione.

Negli ultimi mesi, peraltro, a quest'ultima considerazione critica ha aderito anche quella giurisprudenza di merito che si è espressa a favore della necessità generalizzata dell'obbligo di contraddittorio preventivo (per tutte Ctp Reggio Emilia n. 263/16 e Ctr Piemonte n. 1416/15).

Tuttavia, se la questione costituzionale si limitasse ad essere affrontata con riguardo al principio di uguaglianza e di rispetto del diritto di difesa, la decisione sembrerebbe scontata, ma poiché i "magazzini" dell'ente impositore non sono vuoti di accertamenti notificati in assenza di contraddittorio e, quindi, a rischio di nullità, gli effetti pro-contribuente della decisione inciderebbero negativamente sulle entrate dello Stato in un momento non particolarmente florido per le casse erariali.

Nel duro conflitto tra diritto e politica siamo quindi giunti ad un nuovo scontro in cui vedremo se saranno, o meno, le esigenze finanziarie dello Stato a condizionare la Corte nella lettura della Costituzione.

Poco a poco, infatti, gli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione hanno tristemente segnato il passo all’articolo 81 ed anche in questo caso, quindi, non ci sorprenderemmo se dovesse arrivare un pronunciamento che, nel bilanciamento delle questioni costituzionali poste, facesse politicamente prevalere il principio della salvaguardia del bilancio dello Stato e subordinasse a questo ogni altro residuo diritto del contribuente italiano che, come Humphrey Bogart nel film Quarto Potere, parafrasando così concluderebbe: È l'Italia, bellezza! E tu non puoi farci niente...

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