Per il 2020 la grazia per le società di comodo c’è, oppure non c’è?

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Come noto, le società di comodo si possono distinguere in due categorie:

  • società che presentano ricavi e incremento di magazzino medio del triennio (2018-2020) inferiore a quello minimo, previsto dall’applicazione alle 6 categorie delle voci dell’attivo di stato patrimoniale, degli appositi coefficienti moltiplicativi (cd. società di comodo per insufficienza di ricavi);
  • società che nei 5 anni precedenti (per l’anno anno 2020, dunque, il 2015-2019), hanno dichiarato perdite fiscali, ovvero 4 anni in perdita e uno con reddito positivo ma comunque insufficiente rispetto alle aspettative della norma (cd. società di comodo per perdita sistematica).

Per entrambe le tipologie di società, per quel che interessa l’anno pandemico 2020, è prevista una specifica esimente. Questa è formulata in modo identico ma, come vedremo, relativamente all’anno 2020, è utilizzabile solo per le società di comodo per insufficienza di ricavi (e in taluni casi, presumibilmente, neanche per queste) e mai per le società in perdita sistematica.

Ecco la identica esimente prevista dai provvedimenti n. 2012/87956 (perdita sistematica) e n. 2008/23681 (insufficienza di ricavi). Sono escluse dalla disciplina delle società di comodo “le società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o differiti da disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. La disapplicazione opera limitatamente al periodo d’imposta in cui si è verificato l’evento calamitoso e quello successivo.”

Le società per perdita sistematica

E’ più semplice raccontare (ed è per questo che lo faccio per prima) del perché le società in perdita sistematica non possono utilizzare tale esimente. Presto detto: il provvedimento prevede che detta esimente deve essere verificata nel quinquennio di monitoraggio, vale a dire 2015-2019, mentre lo stato di emergenza da Coronavirus e la sospensione dei versamenti e adempimenti è stato dichiarato nel 2020. Quindi, l’esimente in questione essendo presente nel quinquennio 2016-2020 avrà effetto solo per il periodo d’imposta 2021 (e in quello successivo), con il risultato di spezzare la catena del quinquennio aggiornandoci a nuovi calcoli nel 2027. Salvo, peraltro, ulteriori sospensioni dei pagamenti e differimenti dei termini per gli adempimenti della esimente 2021 (peraltro, già disposti). Ovviamente tutto ciò è assolutamente illogico e dispiace che gli emendamenti presentati nel corso del 2020 ai vari decreti legge che si sono succeduti non siano stati accolti. La motivazione è che mancava la copertura finanziaria. Mi permetto di far presente che con tutti i soldi che si sono spesi si sarebbe dovuto fare uno sforzo per trovarli e sottrarre alla disciplina per il 2020 queste società della cui giusta ratio originaria non è rimasto più nulla.

Completo ad ogni modo la ricognizione facendo presente che, fermo quanto precede, vi è anche per le società in perdita sistematica il problema che espongo a seguire per le società con insufficienza di ricavi.

Le società per insufficienza di ricavi

La cosa si fa delicata e la speranza e che arrivi in tempi congrui una benevola interpretazione orientata alla logica e al buon senso.

Riprendiamo l’esimente di cui sopra soffermando l’attenzione su tre questioni:

  • l'esimente richiede congiuntamente che vi sia stata una sospensione o un differimento sia dei versamenti sia degli adempimenti tributari e sembra quindi non sia sufficiente solo l'uno o solo l'altro.
  • la dichiarazione dello stato di emergenza: c’è, perché è intervenuta con DPCM del 31 gennaio 2021. Da notare che il richiamo all’articolo 5 della legge n. 225/1992 è obsoleto e va riferito all’identico articolo 24 del D.lgs. 1/2018.
  • gli adempimenti e i versamenti tributari che sono stati sospesi o differiti da disposizioni normative in conseguenza di detto stato di emergenza. Ebbene il decreto legge n. 18/2020 (Salva Italia) nelle premesse esordisce affermando: Ritenuta altresì la straordinaria necessita e urgenza di prevedere la sospensione degli obblighi di versamento per tributi e contributi, di altri adempimenti e incentivi fiscali”, per poi all’articolo 62 disporre una serie di proroghe dei versamenti che, tuttavia, non sono riferibili a qualsivoglia società, ma solo a quei soggetti che non hanno superato prestabiliti volumi di ricavi, erano ubicati in specifiche zone, e per particolari tributi, ovvero avevano debiti erariali (cartelle, etc.). E tali presupposti accomunano anche le ulteriori proroghe dei versamenti intervenute successivamente.

Dunque, non c’è affatto una copertura totale per tutte le società di comodo contro la marchiatura d’infamia della insufficienza di ricavi.

Da qui poi l’ulteriore dubbio (se mai occorresse): è sufficiente che la società sia risultata astrattamente destinataria del blocco dei versamenti e adempimenti o deve dimostrare di averne concretamente fruito? Vale a dire, se una società rientrante nei codici ATECO interessati, ubicata nei territori indicati, con volume di ricavi non eccedente quello richiesto per fruire del blocco, non aveva cartelle erariali, non aveva Iva da versare e, dunque, non ha di fatto fruito del blocco ha o non ha l’esimente?

Senonché, va aggiunto, con una rigurgito di speranza che, nel volgere al termine l’anno 2020 , è intervenuto il D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, il quale nelle premesse richiama “le delibere del Consiglio dei ministri del 31/1/2020, del 29/7/2020 e del 7/10/2020 con le quali è stato dichiarato e prorogato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11/3/2020 con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale”.

Ebbene, il citato decreto ha disposto la proroga, questa volta generalizzata e senza eccezioni, del termine di trasmissione del modello 770 (dal 30 novembre al 10 dicembre) e, in sede di conversione in legge, tale proroga è stata estesa, anch’essa senza eccezioni, alla dichiarazione Irap e Redditi.

Il problema è comprendere se siano sufficienti le premesse poste nella parte iniziale del decreto sopra riportate, per attribuire a dette proroghe l’imprimatur della pandemia, con una sorta di “tana libera tutti”.

Non so se la norma consenta tale interpretazione, mi limito solo a segnalare che le disposizioni (quelle sulla disciplina delle società non operative) richiedono oramai una corposa rettifica e non un semplice tagliando di manutenzione volto a rivedere i coefficienti moltiplicativi.

Nel frattempo, una interpretazione dell’agenzia delle entrate ispirata alla comprensione delle difficoltà sorte in questo anno da dimenticare non guasterebbe.

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