ACCERTAMENTI, LA CASSAZIONE HA COLORATO LA DELEGA “IN BIANCO”

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La musica è cambiata! La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento non è una delega di funzioni, ma una semplice delega di firma e, quindi, essa è valida anche se non è presente l’indicazione nominativa del delegato, né la durata della delega: in sostanza, anche “in bianco” è da considerare legittima.

Nelle scorse settimane la Corte di cassazione, con due pronunciamenti in stretta  sequenza (Sentenza 29 marzo 2019, n. 8814 e Sentenza 19 aprile 2019, n. 11013), ha deciso di ribaltare il proprio pregresso orientamento, affermando che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 non è da considerare una semplice delega di firma, con la conseguenza che la titolarità dell’esercizio del potere rimane in capo al delegante.

Da ciò ne deriva che tale delega deve ritenersi valida anche se nella stessa non fosse presente l’indicazione nominativa del delegato, né la durata della delega, risultando sufficiente anche un ordine di servizio che abbia individuato il soggetto delegato attraverso la qualifica rivestita.

Come noto, invece, affrontando il tema dei requisiti necessari della delega in argomento, la Suprema Corte aveva espressamente più volte affermato (ex pluribus, sentenza n. 22803/2015) che, per una legittima modalità di attribuzione della stessa, fosse decisivo che l’Ufficio avesse ivi indicato “ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, ecc.), il termine di validità e il nominativo del soggetto delegato”.

Al contrario, nei due recenti pronunciamenti si è invece stabilito che “non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, né la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa”.

Distinguendo, infatti, tra delega di funzioni e delega di firma, la Corte di Cassazione ha statuito che all’ipotesi di delega di cui all’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 non può applicarsi l’art. 4-bis del D.L. n. 78/2015, proprio perché tale norma fa riferimento ad un’ipotesi di delega di funzioni, mentre nel caso di delega di firma il delegato non esercita autonomamente i poteri inerenti alle competenze amministrative riservate al delegante, ma agisce semplicemente come mero sostituto materiale del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza e, a tal fine, può ritenersi sufficiente un ordine di servizio che individui il soggetto delegato anche attraverso la qualifica rivestita.

Il caso è chiuso? Ovviamente, si vedrà. Che, tuttavia, la delega in oggetto sia da ricondurre con certezza all’istituto della delega di firma (e non di funzioni) non sembra proprio così pacifico anche perché, per certi versi, è la stessa Agenzia delle Entrate in un proprio documento di prassi ad averlo riconosciuto (circolare 4 agosto 2000, n. 154/E, par. 7).

Per i difensori tributari irriducibili, quindi, la partita è ancora giocabile.

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