Come nei telequiz degli anni ’70, anche in verifica fiscale “la prima risposta è quella che conta”…

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Capita spesso che, durante un contraddittorio con l'Agenzia delle Entrate, un contribuente (o il suo professionista) rilascino affermazioni di cui poi si pentono.

La posizione fiscale di un contribuente può essere ricostruita tramite dichiarazioni rilasciate da quest'ultimo in occasione di una verifica fiscale e, in generale, nella fase di accertamento ? Esiste un diritto di ritrattare o comunque di tacere quando le dichiarazioni in sede di verifica potrebbero compromettere la situazione del contribuente accertato ?

Andiamo con ordine. Per costante impostazione della giurisprudenza di legittimità, la posizione fiscale del contribuente può essere ricostruita in conformità a dichiarazioni rilasciate da quest'ultimo in occasione di una verifica fiscale e, in generale, nella fase di accertamento.
Tali informazioni sono spesso acquisite a verbale con richieste di chiarimenti al soggetto controllato ed acquisite "spontaneamente" ai sensi degli artt. 52 co. 6 del DPR 633/72, 32 del DPR 600/73 e 12 co. 4 della L. 212/2000.
Queste dichiarazioni verbalizzate del contribuente possono essere contestate al contribuente anche se sfavorevoli a chi le rende (per tutte, Cass. 4.5.2007 n. 10265).
Invero, se vi è certamente la possibilità per i verificatori di chiedere al contribuente se intende rilasciare dichiarazioni, ciò non significa che questi sia tenuto a rilasciarle e, anche secondo giurisprudenza comunitaria (CEDU, sentenza 5.4.2012 n. 11663/04), esiste nell'ordinamento un diritto di tacere quando le dichiarazioni possano compromettere la situazione dell'accertato. Ma vi è di più. Esiste anche un diritto del contribuente a ricevere eventuali domande non verbali, ma formalizzate per iscritto, senza alcuna possibilità da parte degli organi  amministrativi di pretendere una soggezione del contribuente a asseriti contraddittori che, a volte, si trasformano in veri e propri interrogatori all'interno dei quali potrebbero essere frettolosamente rilasciate dichiarazioni che ben possono generare esiziali conseguenze negative per l'accertamento.

In ogni caso, all'esito di ogni controllo e in particolare a conclusione della verifica fiscale, nel PVC il contribuente deve sempre generalmente affermare di volersi riservare, se del caso, di produrre memorie difensive e di esercitare ogni difesa nella sede competente, ciò in quanto una remota, ma mai espressamente sconfessata, sentenza di legittimità affermò che la partecipazione alle operazioni di verifica senza contestazioni equivale sostanzialmente ad accettazione delle stesse (Cass. 26.1.2004 n. 1286).
Sotto altro verso, peraltro, è sempre bene ricordare che le dichiarazioni del contribuente possono addirittura assumere il valore di confessioni stragiudiziali, ove contengano l'ammissione di fatti favorevoli al Fisco  (Cass. 24.10.2014 n. 22616).
Stesse conseguenze occorrono anche per le dichiarazioni del legale rappresentante di  una società sottoposta ad accertamento.

L'esperienza operativa, peraltro, insegna che le insidie peggiori nelle richieste dei verificatori si annidano spesso nei tentativi dei funzionari del Fisco di indagare nei processi di produzione dei beni e dei servizi commercializzati dal contribuente accertato per poter utilizzare alcuni dati così raccolti nelle cd. ricostruzioni indirette dei ricavi. In tali casi, però, in situazioni di difficoltà è sempre possibile (rectius: utile) per il contribuente opporre di non essere in grado di fornire l'esatta percentuale di ricarico applicata sulla merce richiesta, specie qualora le merci siano eterogenee. Si ricordi, infatti, che un'eventuale "accettazione" di una percentuale di ricarico confermata ai verificatori nelle fasi del controllo legittima il suo utilizzo nell'accertamento (da ultimo, Cass. 10.12.2007 n. 25733).

Ovviamente rimane ammessa, sia in sede amministrativa che giudiziale, una possibile ritrattabilità successiva delle dichiarazioni del contribuente inizialmente rese per errore, ma molto spesso tale ritrattazione depone per la inattendibilità della stessa. I giudici, infatti, sono spesso fortemente inclini a dar credito al quel motto "la prima risposta è quella che conta", quella famosa frase che Mike Bongiorno opponeva a quei concorrenti che provavano a correggere l'erronea risposta iniziale fornita alla sue domande.

Naturale, quindi, concludere che prima di rilasciare dichiarazioni in sede di controllo occorre essere ben consapevoli di ciò che si dice e che, quindi, è spesso meglio farsi assistere nei contraddittori di verifica.

In altri casi, invece, la strategia difensiva potrebbe ricorrere ad un altro detto italiano: “Un bel tacer non fu mai scritto”,  noto verso di Iacopo Badoer, poeta italiano vissuto nel XVII secolo, il quale probabilmente all'epoca ignorava le moderne esigenze di tutela del contribuente, ma già a suo tempo aveva ben intuito l'utilità di saper tacere al momento opportuno.

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