DIRITTO AL CONTRADDITTORIO, IL “VECCHIO” NON RIESCE A TRAMONTARE

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L'art. 6-bis della L. 212/2000, introdotto dal DLgs. 30.12.2023 n. 219 e in vigore dal 18.1.2024, prevede per qualsiasi tributo (inclusi i tributi locali) e ogni fattispecie salvo le eccezioni che saranno individuate da apposito DM, l'obbligo di contraddittorio preventivo tra ente impositore e contribuente.

Tale norma è stata introdotta anche a seguito di un monito della Corte Costituzionale (Corte Cost. 21.3.2023 n. 47), secondo cui a fronte del variegato quadro legislativo, sarebbe stato necessario un intervento che garantisse "l'estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria".
Se, forse, il "nuovo" arriverà, al momento il "vecchio" continua a persistere con esiti davvero amari in ambito giurisprudenziale.

L'ultima della serie è che un mero invio del questionario, ex art. 32, rispetterebbe l’obbligo di contraddittorio preventivo e, per la Cassazione il contraddittorio non implicherebbe che il contribuente debba essere convocato e tanto più “se mancano del tutto i presupposti da cui l’organo accertatore possa evincere l’intenzione del contribuente di contraddire sugli esiti della verifica”.

A questa conclusione è giunta la Suprema Corte (Ord. n. 5292 del 28 febbraio 2024) decidendo su un accertamento a tavolino effettuato ai fini IVA con riferimento all’annualità 2012 nei confronti di una Srl.
Dopo un invito, ex art. 32 del DPR 600/73, a presentarsi in Ufficio a fornire contabilità, dati, notizie ed alcune fatture ai fini del controllo fiscale, la società aveva fornito la documentazione richiesta, nonché una memoria difensiva.

Mentre la CTR aveva annullato l’avviso di accertamento rilevando il vizio del contraddittorio, in quanto la società non era stata convocata per addurre circostanze “non pretenziose” che “ben avrebbero potuto determinare un esito diverso del procedimento”, (la c.d. “prova di resistenza”), le Entrate impugnavano la sentenza di secondo grado perché il “contraddittorio” sarebbe stato sostanzialmente attivato, posto che l’ufficio aveva invitato la società aveva fornito la documentazione e una memoria e che l’ufficio prima di emettere l’atto impositivo avrebbe valutato le argomentazioni esposte nello scritto.
In sostanza, per la Cassazione il contraddittorio preventivo non deve ritenersi un confronto tra parte e controparte che si incontrano, anche fisicamente, per contraddire sul merito della pretesa tributaria, ma un contraddittorio si avrebbe comunque per non violato anche “se mancano i presupposti da cui l’organo accertatore possa evincere l’intenzione del contribuente di contraddire sugli esiti della verifica”.

Per la Cassazione, nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate avrebbe dimostrato che il contraddittorio si sarebbe in realtà realizzato quasi per carenza di interesse.
Che, tuttavia, il “contraddittorio” possa ritenersi integrato a seguito di una semplice risposta all’invito ex art. 32 del DPR 600/73 e del vaglio unilaterale della documentazione da parte dell’ufficio, significherebbe trasformarlo in un inutile orpello.
Sostenere, altresì, che la convocazione del contribuente sarebbe pleonastica qualora egli non dia adeguata dimostrazione nel corso del procedimento di voler “contraddire sugli esiti della verifica”, appare ancor più svilente per un istituto posto dall’ordinamento a garanzia della piena legittimità del procedimento tributario.

Non possiamo prevedere il prossimo futuro, ma l'auspicio è che tali indirizzi giurisprudenziali ben presto possano definitivamente scomparire dai massimari della Suprema Corte a seguito del  nuovo art. 6-bis della L. 212/2000.
Con l’introduzione del citato articolo, con il correlato obbligo di trasmissione dello “schema di atto” e la previsione dell’obbligo di motivazione rafforzata a pena di annullabilità, forse anche la Cassazione finalmente comprenderà che il contraddittorio è una cosa seria e non una pantomima che l'ufficio è costretto solo a sopportare come perdita di tempo e che, quindi, un vizio nello stesso invalida l’atto tributario.

Ignorare questo significherebbe non aver ben compreso la rilevanza costituzionale attribuita ora al contraddittorio dal nuovo art. 1 della L. 212/2000, che ricomprende detto principio fra quelli cardine dell’ordinamento tributario.

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