L’omessa dichiarazione è “ravvedibile” ai fini penali: ma con quale sanzione ed interessi?

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Per effetto di quanto affermato nella circ. n. 11 del 12 maggio 2022, il ravvedimento operoso è ammesso anche per sanare violazioni per comportamenti fraudolenti rappresentando, a seconda dei casi, una circostanza attenuante o una causa di non punibilità dei reati del DLgs. 74/2000.

Come noto, in caso di omessa dichiarazione, la non punibilità presuppone il versamento delle sanzioni piene laddove il versamento avvenga spirati i 90 giorni, in cui il ravvedimento amministrativo-tributario non è giuridicamente più ammesso.
In ogni caso, dopo quanto affermato nella citata circolare il contribuente potrà pagare quanto dovuto a titolo di imposta, sanzioni e interessi per fruire, ai fini penali, della causa di non punibilità di cui all’art. 13 del DLgs. 74/2000 per il reato di omessa dichiarazione, reato che, come prevede l’art. 5 del DLgs. 74/2000, ha una soglia di punibilità pari a 50.000 euro.

A livello penale, l’art. 13 comma 2 del DLgs. 74/2000 sancisce: “I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”, sempre che non sia iniziato un controllo di natura penale o fiscale.
Dal canto suo, l’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 prevede che l’omessa dichiarazione sia ravvedibile solo entro novanta giorni dal termine di presentazione della dichiarazione e, quindi, in un momento in cui l’omissione dichiarativa non è ancora sconfinata nel reato.

Per effetto, invece, dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97, la sanzione per l’omessa dichiarazione dei redditi è “dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 250 a euro 1.000. Se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 150 a euro 500”.

Sul punto, però, va notato come la circolare in argomento al paragrafo 2 espressamente afferma che se sono passati i 90 giorni “le sanzioni ad essa relative non possono essere oggetto di spontanea regolarizzazione mediante ravvedimento operoso e, pertanto, sono da versare in misura piena”. Ma che significa misura piena?
Sicuramente, per fruire della non punibilità, è necessario anche presentare la dichiarazione omessa e, vista la formulazione dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000, occorre versare le imposte e gli interessi: ma quali interessi?
Poiché non siamo tecnicamente nell'ambito di ravvedimento operoso, non dovrebbero applicarsi gli interessi legali ma quelli da ritardata iscrizione a ruolo al tasso del 4% annuo.
E poi, ovviamente c'è il problema delle sanzioni.
Di sicuro, per fruire della non punibilità, la dichiarazione va presentata entro il termine per l’invio di quella per il periodo di imposta successivo, quindi le sanzioni applicabili vanno dal 60% al 120% delle imposte e il contribuente dovrebbe versare le sanzioni al 60%, ovvero la base minima.

Tuttavia, secondo la circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, par. 17.1, se le imposte sono interamente versate, il contribuente dovrebbe pagare le sanzioni fisse (da 150 euro a 500 euro) poiché la sanzione proporzionale è calcolata sull’imposta dovuta laddove, afferma la circolare, “per imposta dovuta si ritiene che debba intendersi la differenza tra l’imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo”.
In altri termini, se l'imposta venisse integralmente versata all'Erario ante-accertamento la base di computo per la sanzione proporzionale non ci sarebbe.
Conseguentemente, anche ai fini penali sembrerebbe sufficiente pagare le sanzioni fisse ma, pur risultando logico quanto espresso, le Entrate non hanno mai espressamente confermato questa impostazione.

Poiché allora il giudice, per "chiudere" il penale, potrebbe pretendere l'esibizione di un certificato di estinzione del debito ex art. 22 del DLgs. 74/2000, sarà interessante verificare se le Entrate saranno disposte a rilasciarlo in assenza del pagamento della sanzione proporzionale e del pagamento della sola sanzione fissa.
Ovviamente, il naturale auspicio sarebbe che l'Agenzia fosse disponibile ad applicare alla lettera la propria circolare del 2002.

Purtroppo, però, in questo strano Paese non è affatto certo e né scontato che i funzionari del Fisco siano d'accordo addirittura con sé stessi e con la propria prassi ...
Rimaniamo tuttavia fiduciosi, ma non troppo ...

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