Vertenza – se il lavoratore deve restituire i soldi al datore le imposte chi gliele rimborsa?

Download PDF

Supponiamo che un lavoratore dipendente instauri un contenzioso in quanto rivendica differenze retributive nei confronti del proprio (eventualmente ex) datore di lavoro. Supponiamo altresì che il giudice di primo grado disponga, con formula esecutiva, che il datore di lavoro debba riconoscere al suddetto dipendente una differenza retributiva di € 100.000.

Conseguentemente il datore, previo trattenimento di ritenute Irpef, addizionale comunale e regionale nonché contributi a carico del dipendente, effettua il pagamento dell’importo netto, supponiamo € 50.000 (perdonate l’approssimazione). Provvede poi al versamento all’Erario di dette ritenute aggiungendo la quota INPS di propria pertinenza.

Il contenzioso prosegue e il giudice di secondo grado ridimensiona l’importo dovuto al suddetto lavoratore in € 30.000,00.

Dunque, il lavoratore deve restituire al proprio (eventualmente ex) datore di lavoro la differenza rispetto a ciò che aveva a suo tempo incassato, vale a dire € 70.000 (100.000-30.000).

Cominciano i problemi

E qui cominciano i problemi posto che la situazione è la seguente:

  • il datore di lavoro ha avuto un esborso di € 100.0000 oltre i contributi a proprio carico, ad esempio, € 20.000, con una uscita complessiva di € 120.000.
  • il lavoratore avevamo detto che ebbe a incassare un importo netto di € 50.000.

La problematica da risolvere è la seguente: se in occasione del primo pagamento il lavoratore a fronte di un lordo di € 100.000 ha incassato € 50.0000, ora che il giudice ha stabilito che la somma spettante è di € 30.000 lorda:

  • l’Erario dovrà restituire in parte le imposte a suo tempo versate dal lavoratore, seppure mediante le ritenute operate dal datore di lavoro;
  • l’INPS dovrà restituire al datore di lavoro i contributi INPS di competenza dell’azienda a suo tempo pagati, riferiti alla eccedenza retribuita di € 70.000, risultata in sede definitiva, non dovuta.

Una soluzione vuoto per pieno

Dal punto di vista dell’Irpef la soluzione è specificamente indicata nel comma 6 dell’articolo 10 del Tuir, il qual dispone che 1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente:

…(omissis)…

d-bis) le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti. L'ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d'imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell'imposta corrispondente all'importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.”.

Dunque, la norma primaria prevede non un ricalcolo del reddito per individuare l’Irpef da rimborsare, bensì la possibilità da parte del lavoratore di dedurre dal proprio reddito la somma che egli ha restituito secondo le modalità previste da un apposito decreto. Il decreto richiamato dalla norma è stato poi promulgato: trattasi del Decreto 5 aprile 2016, rubricato Modalità di richiesta di rimborso delle somme, assoggettate a Tassazione in anni precedenti, restituite al soggetto erogatore e non dedotte dal reddito complessivo.”. (GU n.88 del 15-4-2016)

In sostanza il decreto prevede che:

  • se il lavoratore è sempre in carico al medesimo datore con il quale ha avuto la vertenza, quest’ultimo man mano che liquida la retribuzione mensile provvede a ridurre l’imponibile scomputando come onere deducile le somme che il lavoratore ha restituito, nel nostro esempio, € 70.000 (100.000 – 30.000) e ciò fino a capienza dei relativi redditi erogati. Il tutto andrà debitamente evidenziato nella CU. E’ evidente che se l’ammontare da recuperare è elevato, il procedimento di recupero potrebbe durare anche più anni. Il decreto dispone al riguardo che i sostituti comunichino l'ammontare delle predette somme non dedotte nell’anno che, quindi, restano da ancora dedurre.
  • se il lavoratore, invece, nel frattempo è passato in carico a un datore di lavoro diverso, è il predetto nuovo sostituto d’imposta che, nel liquidare mensilmente la retribuzione corrente, provvede a ridurre l’imponibile scomputando come onere deducile, nel nostro esempio, € 70.000 (100.000 – 30.000) fino a capienza dei relativi redditi. In questo caso (cambio di datore di lavoro), la comunicazione da parte del lavoratore al nuovo datore deve essere corredata della Certificazione unica o delle certificazioni uniche nelle quali sono evidenziati i dati relativi all'ammontare delle somme restituite e di quelle eventualmente già dedotte.

La mesta alternativa

In alternativa alla deducibilità dal reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi, il lavoratore può chiedere all’Erario, entro il termine biennale indicato nell'art.  21, comma 2, del decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n.  546, il rimborso dell’importo determinato applicando all'intero ammontare delle somme non dedotte l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito di cui all'art.  11 del citato TUIR (leggasi, un misero 23%).  La   richiesta   di   rimborso è irrevocabile.

Dunque, la domanda di rimborso da parte del lavoratore ai sensi del citato comma 2 dell’articolo 21, va presentata entro due anni dalla restituzione delle somme, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, vale a dire a decorrere dalla data della sentenza che ha disposto la restituzione della retribuzione pagata in eccedenza.

L’ipotesi del rimborso è, evidentemente, l’unica strada percorribile nell’ipotesi in cui il lavoratore è restato senza lavoro; in questo caso si dovrà accontentare, sempre tornando all’esempio, di ottenere un importo pari a € 70.000*23% = € 16.600, quando le trattenute subite al momento dell’incasso degli € 70.000 poi restituiti sono stati certamente ben superiori.

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento